Una famiglia sterminata
Del 10 agosto 1945 invece è la denuncia di Leone all’A.B.E. (l’ufficio della Prefettura appositamente predisposto) in cui dichiara che tutta la sua famiglia è stata deportata in campi di concentramento : è probabile che solo allora fosse stato possibile ricostruire il destino della famiglia del fratello Nissim.
Sarà comunque Leone ad accogliere al ritorno da Auschwitz Nino, il figlio maschio primogenito di Nissim, unico sopravvissuto di tutta la famiglia. Convivrà con il nipote, poi, per il breve tempo di vita che resterà al ragazzo ventunenne dopo il lager, nella residenza di Via Savenella 26, presso Benaglia, dove essi risultavano domiciliati nel gennaio del ’46.
Nel frattempo, anche probabilmente esacerbato dai lutti e dalle sofferenze del nipote, continua rabbiosa la ricerca della sua roba ed un travagliato lavoro di denunce alle autorità e richieste di recupero del proprio, che approderà a ben poco, ma conferma la sistematica spoliazione di beni degli ebrei colpiti dalle leggi razziali effettuata soprattutto, ma non solo, dalle Autorità della Repubblica Sociale Italiana, con la partecipazione, più o meno responsabile e consapevole, di tanta parte di italiani, mossi vuoi da miseria, vuoi da opportunismo, vuoi da semplice avidità.
Colpiscono gli elenchi che riportano come i beni personali di Matatia Leone ed Evelyn, sigillati in pacchi debitamente catalogati, così come quanto contenuto nell’ ultimo ricovero di Savigno, tutto quanto regolarmente elencato al momento della requisizione, siano stati trafugati dalla Commandantur tedesca, siano risultati danneggiati da bombardamenti solertemente attestati dai repubblichini di Savigno e addirittura poi spartiti tra persone varie, vicini di casa e contigui, fin la singola scarpa spaiata.
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