Storia breve di una famiglia

La famiglia Matatia comprendeva tre fratelli, tutti pellicciai, che da Kerkyra, capoluogo dell’isola greca di Corfù, emigrarono in Italia intorno agli anni Venti. I primi ad arrivare nella nostra penisola erano stati i due maggiori, Nissim e Leone, che una volta costatate le buone possibilità di lavoro, chiamarono a raggiungerli anche il terzo e più giovane fratello Eliezer.

Prima svolgendo la loro attività nelle Marche poi in Emilia-Romagna, i tre fratelli finirono per stabilirsi in località diverse, ma vicine: Nissim a Forlì, Leone a Bologna, Eliezer a Faenza, ognuno di loro partecipando dell’impresa di famiglia, ma avviando un’attività commerciale in proprio di compravendita di pelli e pellicce pregiate, che permise a ciascuno di raggiungere condizioni di benessere per sé e per la propria famiglia già dagli anni Trenta.

La famiglia di Nissim

Proprio in quegli anni Nissim, il primogenito tra i fratelli Matatia, riuscì addirittura a comprarsi una villetta sul lungomare di Riccione (1), a fianco di quella villa Margherita, dove i Mussolini trascorrevano le loro vacanze estive, ‘lanciando’ la  località romagnola come luogo di villeggiatura alla moda e –oggi si direbbe- di frequentazioni ‘vip’.

Nissim Matatia- Foto CDEC
Nissim Matatia. Foto CDEC.http://digital-library.cdec.it

 

Per i Matatia, come per gli altri Ebrei di cui abbiamo già ricostruito le vicissitudini, la situazione cominciò a modificarsi, man mano che il clima politico italiano ebbe a risentire del progressivo avvicinamento del fascismo alla Germania, poiché l’alleanza con Hitler spinse col tempo Mussolini ad adeguarsi anche all’ antisemitismo nazista, come sappiamo.

Verso la fine degli anni Trenta, nonostante i segnali fossero cupi, Nissim non si preoccupò e rimase fiducioso. Nel suo negozio serviva una clientela agiata e numerosa, tra cui anche tante mogli di esponenti del regime, del quale lui stesso era stato un sostenitore della prima ora, e credeva di essere protetto dalla rete di amicizie e solidarietà che pensava di avere attorno.

Tuttavia già dalla primavera del ’38 Nissim cominciò a subire pressioni, da lui respinte, perché cedesse la casa di Riccione (1), che forse imbarazzava il regime per la vicinanza con villa Mussolini e certamente  interferiva coi progetti legati alla volontà del sindaco fascista Frangiotto Pullè di favorire lo sviluppo turistico della cittadina,  in cui era impegnata la sua amministrazione, tramite l’ attuazione di quel piano urbanistico che, attraverso opere pubbliche come la costruzione del primo lungomare cittadino, la realizzazione della darsena, l’edificazione del Palazzo del Turismo, il potenziamento dell’alberatura, ecc. si proponeva di valorizzare Riccione come moderna ed attrezzata località marittima sull’Adriatico, propagandandone l’immagine anche attraverso battages sulla stampa nazionale ed internazionale (2).

La famiglia Pullè, di origine modenese, che ha avuto un ruolo rilevante nella storia di Riccione della prima metà del Novecento.
La famiglia Pullè, di origine modenese, che ha avuto un ruolo rilevante nella storia di Riccione della prima metà del Novecento. Da : https://www.italialiberty.it

 

Poi, nel settembre del ’38, quando fu chiaro il nuovo clima che ormai si prospettava per gli Ebrei in Italia, Nissim Matatia fu costretto a rivedere alcune scelte : mentre la moglie, Matilde Hakim, e i figli erano già in possesso della cittadinanza italiana e per loro si prefiguravano problemi più ridotti, lui che coi fratelli aveva invece mantenuto la cittadinanza greca si rese conto di rischiare l’ espulsione dal Regno, per cui cominciò a valutare se non fosse opportuno avviare le pratiche per la richiesta della nazionalità italiana e, nel caso, anche per ottenere la “discriminazione” (vedi scheda al §. 3.1.7 ).

Intanto Leone ed Eliezer, che avevano anche le mogli straniere, ormai discutevano sempre più apertamente di abbandonare una volta per tutte l’Italia, per riparare all’estero.

Il trasferimento a Bologna

A seguito dell’applicazione delle norme razziali che escludevano gli ebrei da tutte le scuole del regno, la famiglia di Nissim, in cui i ragazzi in età scolare erano ben tre, decise di trasferirsi a Bologna, per permettere a Beniamino, Camelia e Roberto di frequentare le lezioni organizzate dalla Comunità ebraica nei locali di via de’ Gombruti, sotto la direzione del Prof. Pardo.

Sedute in prima fila, prima e sesta da sinistra, Dora e Margherita Matatia, le due figlie di Eliezer, nel loro ultimo anno di frequenza liceale, il 1937-’38, al “Torricelli” di Faenza.(5)
Sedute in prima fila, prima e sesta da sinistra, Dora e Margherita Matatia, le due figlie di Eliezer, nel loro ultimo anno di frequenza liceale, il 1937-’38, al “Torricelli” di Faenza.(5)

 

A Bologna Nissim e famiglia avevano una casa in via Ugo Bassi 10 e poterono così ricongiungersi anche con Leone ed Evelyn, che di figli invece non ne avevano. Entrambi i fratelli, Nissim e Leone, ospitarono invece a turno i due figli maschi di Eliezer, a loro volta costretti a frequentare la stessa scuola ebraica di Bologna dei cugini.

Nissim e Leone coi piccoli Camelia e Beniamino. Foto CDEC rielaborata da noi.
Nissim e Leone coi piccoli Camelia e Beniamino. Foto CDEC rielaborata da noi.http://digital-library.cdec.it

 

A Bologna inoltre, tramite le sue conoscenze, Nissim cercò di avviare le pratiche per assicurare la posizione sua e della famiglia, ma cominciò ben presto a ricredersi a proposito di quelle amicizie e di quegli appoggi, su cui riteneva di poter contare (3).

Per tutti i fratelli, poi, dovette presentarsi innanzitutto e soprattutto la questione relativa all’esercizio della loro attività artigianale, di cui ormai non potevano più avvalersi, tanto meno potendo fregiarsi della titolarità d’impresa, dato quanto previsto dalle norme razziali fasciste (vedi sintesi nella scheda “La discriminazione” §. 3.1.7 ). Sappiamo solo approssimativamente come affrontarono il problema della salvaguardia dei loro negozi e dei loro capitali, dalla testimonianza di Beniamino Matatia, uno dei figli di Eliezer (4) e indirettamente, tramite quanto scrive suo figlio Roberto Matatia (vedi ancora nota 3).

Camelia Matatia in bici con un amico e il fratello.
Camelia Matatia in bici con un amico e il fratello.(2)

 

(1) Sulla vicenda della proprietà di questa villetta al mare è incentrato il romanzo di Roberto Matatia I vicini scomodi, Giuntina ed., pubblicato nel 2014, dopo la stesura scolastica della nostra ricerca. L’opera alterna parti narrative e memorie di famiglia a ricostruzioni storiche parziali e non documentate, trattandosi di un romanzo e non di opera storica, in un insieme così fittamente intrecciato, in cui è difficile distinguere le une dalle altre.

(2)  https://www.italialiberty.it/famigliapullericcione/

(3) Roberto Matatia I vicini scomodi, Giuntina ed., pubblicato nel 2014

(4) Da “E quando non ci saremo più noi ? Intervista a Cesare Finzi e Beniamino Matatia”, realizzata da Patrizia Betti e Gianni Saporetti, pubblicata nel febbraio 1992 su www.unacittà.it

(5) Da “1 dicembre 1943-la testimonianza vive ancora” di Ilaria Matatia, su www.liceotorricelli.it

 

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