Nissim in clandestinità.

Anche Nissim chiuse il proprio negozio a Forlì, cercando di realizzare dalla vendita il massimo possibile, senza essere però nelle condizioni di ottenere una equa valutazione di mercato.

Poi, a Bologna, a fine ottobre ’39, la situazione precipitò allorchè, secondo quanto racconta Roberto Matatia (1), venne fermato per strada per essere sottoposto ad un controllo dei documenti. Comunque sia andata, in quanto ebreo straniero, che da tempo avrebbe dovuto allontanarsi dall’Italia in base alle leggi razziali fasciste, di fatto Nissim era un clandestino e perciò venne arrestato il 31 ottobre del ’39. In Questura fu interrogato, poi trasferito a San Giovanni in Monte, nel carcere cittadino, dove rimase in stato di fermo per pochi giorni, durante i quali fu portato davanti ad un magistrato, che sentenziò la sua espulsione dall’Italia. Stando al romanzo “I vicini scomodi”, il magistrato gli intimò di nominare un curatore dei beni (1), che egli individuò in un commercialista bolognese di sua conoscenza, di cui riteneva di potersi fidare e a cui rimise la gestione delle proprie sostanze.

Infine avrebbe avuto un inaspettato ultimo incontro in carcere con la moglie Matilde (1), a cui avrebbe raccomandato di lasciare Bologna e di mettersi al sicuro in un paese più periferico, per attirare il meno possibile l’attenzione delle autorità su di sé e sui figli.

Dopo di che sappiamo che Nissim venne condotto in treno fino a Brindisi, poi imbarcato in un aereo diretto ad Atene (vedi doc. pubblicato sotto). Secondo Roberto Matatia (1) l’aereo invece lo avrebbe trasferito direttamente a Kerkyra, il capoluogo da cui era partito più di venti anni prima, dove sarebbe tornato ad abitare nella casa dei suoi genitori, chiusa da anni.

Il documento con cui il questore di Forlì informa il Prefetto di Forlì dell’espulsione dall’Italia di Nissim Matatia, il 10 novembre 1939. Da : http://resistenzamappe.it/forli/fc_ebrei/fc_pellicceria_matatia#fc_pellicceria_matatia-2
Il documento con cui il questore di Forlì informa il Prefetto di Forlì dell’espulsione dall’Italia di Nissim Matatia, il 10 novembre 1939. Da : http://resistenzamappe.it/forli/fc_ebrei/fc_pellicceria_matatia#fc_pellicceria_matatia-2

 

Sarebbe stato il rabbino (n.d.a. : probabilmente il rabbino di Bologna, Orvieto Leone Alberto ) a portare la notizia dell’avvenuta espulsione di Nissim a Matilde, che si sarebbe impegnata subito a trovare riparo in un paesino della provincia bolognese, secondo le indicazioni del marito. Comunque siano andate le cose, Matilde Hakim, in un periodo che non siamo in grado di indicare documentatamente, si allontanò da Bologna coi tre figli, forse stabilendosi da subito a Savigno, dove è riscontrato invece si trovasse nell’autunno inoltrato del ’43.

Secondo quanto ancora racconta Roberto Matatia (1) sarebbe intervenuta in questo frangente la decisione di Nissim, rimasto in corrispondenza postale col commercialista bolognese che curava i suoi interessi, di accettare di vendere la villetta di Riccione al Comune romagnolo, nella persona del podestà Frangiotto Oddone Maria Pullè (2), per la somma di lire 14.400, davvero irrisoria considerato l’effettivo valore di quella proprietà, una villetta di due piani situata sul lungomare in fondo a viale Ceccarini.

Nissim in una foto dell’Archivio fotografico del Cdec, da noi rielaborata.
Nissim in una foto dell’Archivio fotografico del Cdec, da noi rielaborata.http://digital-library.cdec.it

 

Non trascorse comunque molto tempo dalla sua espulsione che a Nissim si offrì l’occasione per ritornare clandestinamente in Italia, forse davvero (1) imbarcato su un peschereccio greco che lo avrebbe accompagnato fino in Puglia, dove sarebbe sbarcato senza che sapesse nemmeno esattamente dove si trovava, probabilmente nei pressi di Otranto. Da lì in maniera avventurosa e rocambolesca, contando sull’aiuto insperato di gente comune e sulle proprie forze, sarebbe arrivato in corriera nei pressi di Ozzano e a piedi fino a Bologna, infine avrebbe raggiunto la casa dei cugini Cohen, dove sarebbe stato accolto e rifocillato, mentre veniva aggiornato sulle nuove, familiari e non. Ciò che possiamo sapere di queste vicissitudini di Nissim è raccontato ancora una volta solo dal romanzo di Roberto Matatia, con grande indeterminatezza temporale e con il ricorso a narrazioni di cui non abbiamo riscontri documentari.

Stando a ciò, Nissim incontrò la famiglia, già residente a Savigno, tra la fine del ’39 ed il ‘40, e lo avrebbe fatto con molta circospezione e prudenza, concordando un sistema per effettuare periodici incontri coi singoli familiari, in modo da non dare nell’occhio e garantire la sicurezza di ognuno. Il romanzo di Roberto Matatia narra ancora che Nissim, tramite l’aiuto di amici non ben precisati, in modo segreto e clandestino, trovò una sistemazione personale, separata dalla famiglia, a Bologna, in un quartiere periferico, il che gli avrebbe permesso di avere un tetto sulla testa ed un rifugio, vincolando pesantemente la sua libertà personale all’estrema prudenza del comportamento da tenere individualmente e col resto della famiglia. Un modo di vivere particolarmente difficile, soprattutto quando i bombardamenti su Bologna divennero massicci e spaventosi, perché chi viveva nascosto non poteva scappare e cercare di mettersi in salvo nei rifugi, ma doveva rimanere in casa, al buio, da solo. E nel’43 a Bologna ci furono bombardamenti davvero terribili, in luglio, quando anche la sinagoga fu bombardata e parzialmente crollò, ed il 25 settembre, quando si ebbe il bombardamento più catastrofico della guerra, per numero di morti e distruzioni.

In realtà anche di questa separazione dalla famiglia e sistemazione solitaria non abbiamo prove documentarie. Se davvero non visse da clandestino  insieme a moglie e figli, può darsi che tramite il rabbino Orvieto ed il cugino Cohen e/o la Delasem (vedi scheda §. ) egli abbia potuto davvero usufruire di un appartamento per sé, nell’ambito di quelle reti di soccorso che negli anni più bui del regime, consentirono a tanti “irregolari”(partigiani, evasi, ebrei, oppositori, ecc) di mettersi in salvo o di godere di un breve momento di pausa, che li sottraesse all’arresto o alla prigione.

(1) Se vogliamo seguire la ricostruzione dei fatti di R. Matatia in “I vicini scomodi”.

(2) https://www.italialiberty.it/famigliapullericcione/

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