Internate ?
A proposito di Rosa e di Martha ci è sorto il dubbio che nel loro caso la situazione particolare di spostamenti, contatti, oppure di sorveglianza attenta, prefiguri la condizione di internamento, ma si tratta solo di un’ ipotesi che non ha finora potuto ottenere alcuna conferma.
Molti ebrei stranieri in Italia, infatti, ma anche molti stranieri appartenenti alle nazioni contro le quali l’Italia condusse la guerra, furono obbligati, a partire dall’entrata in vigore delle leggi razziali e poi dallo scoppio della guerra, alla domiciliazione coatta o a risiedere in appositi campi, i cosiddetti campi di internamento, più -o solitamente meno- attrezzati e istituiti in tutta Italia, alcuni più grandi, come quello di Ferramonti di Tarsia, in prov. di Cosenza, o Fossoli, in prov. di Modena e decisamente più noto, altri meno estesi (come appunto quello descritto da G. Orecchioni di Lanciano, nelle Marche ).
La vita in questi campi, a seconda della collocazione e dell’organizzazione, era molto diversa, si andava dalle deprivazioni di beni e cose, ad un trend in alcuni casi paragonabile al ricovero in ostello ; sempre però con limitazioni della libertà personale, del controllo della propria vita e delle proprie sostanze, per effetto di disposizioni determinate dalle autorità.
Inoltre, nei campi che dopo l’8 settembre del ’43 rimasero compresi nel territorio della R.S.I. si applicarono poi le disposizioni più dure, infine il controllo tedesco tanto che questi luoghi divennero bacini a cui attingere per le sistematiche deportazioni ed eliminazioni finali.
E’ una pagina questa poco conosciuta della nostra storia, su cui sarebbe il caso di gettare più luce, indagando e dibattendo sui fatti, sulle dimensioni del fenomeno e sulle responsabilità. Interessante anche ad affrontare la questione del “ quanti sapevano?”, che se ci stupisce e solleva perplessità per i tedeschi vicini ai lager “ che non potevano non sapere”, a maggior ragione dovrebbe interrogarci sul quel che di analogo avveniva a casa nostra.
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