La cattura di Formili, Romagnoli e Brunelli.

Una decina di giovani rimasti nella zona di Ca’Berna, sopra Poggilforato, furono invece individuati e catturati dai Tedeschi dopo un breve scontro a fuoco, tra il 7 e l’8 dicembre 1943 – se diamo ragione alla testimonianza di Cisiana Castelli (7), mentre altre fonti anticipano a fine novembre, il 27 (8), gli avvenimenti, o li collocano al 4 dicembre (vedi testimonianze di Vecchietti Raffaele (9) e Bertrando Pancaldi (10))-  durante il quale riuscirono a fuggire Monaldo Calari e Nerio Nannetti, mettendosi in salvo.

Tra i catturati ci furono invece Lino Formili, sottufficiale ventisettenne che -come abbiamo detto- era impiegato nelle truppe addette al trasporto di uomini e mezzi dell’esercito, il cui padre aveva fornito l’edificio che aveva funzionato come base del gruppo a La Ca’, e due ragazzi di appena diciannove anni, Giancarlo Romagnoli e Adriano Brunelli, che dopo un breve periodo trascorso nell’esercito, si erano sbandati e anziché riconfluire come militari sotto la R.S.I. (Repubblica Sociale Italiana) avevano deciso di aggregarsi alle prime formazioni di Resistenza.

Il villaggio di Poggiolforato.

La staffetta del gruppo, Cisiana Castelli, nativa di Lizzano in Belvedere ed allora abitante a Poggiolforato, con la sua  testimonianza, permette di chiarire almeno in parte le circostanze che portarono alla cattura dei tre giovani, che lei riforniva di viveri e a cui proprio il 7 dicembre ’43 aveva portato il pane che aveva fatto a casa per loro con la madre Ermina (7).

Li aveva trovati in una decina intenti a discutere su come nascondere le armi, ma il giorno dopo, svegliata bruscamente nel suo letto a Poggiolforato dai tedeschi, li aveva rivisti sui camion, prigionieri, in procinto di essere trasferiti. In particolare Romagnoli le chiese del pane che lei, pur spaventata, riuscì ad allungargli, ostacolata solo da un tedesco, che fu fermato dal suo ufficiale con le parole “Lascialo mangiare, domani kaputt”. Giancarlo Romagnoli, prendendo la pagnotta, le sussurrò invece di avvisare i genitori, per riferire loro che avrebbero potuto vederlo alla Certosa, prima che fosse fucilato.

Non vennero fucilati il giorno dopo, ma attesero quattro settimane circa, prima interrogati e rinchiusi in un presidio tedesco all’Abetone  o a Porretta (vedi §. 2.1.),  ancora sull’Appennino tosco-emiliano, poi trasferiti a Bologna, ma immatricolati a San Giovanni in Monte solo dal 18 dicembre 1943 per ordine e a disposizione del Comando Tedesco SS.

Diversamente da Emiliani e Donatini, i tre giovani catturati a La Ca’ rimasero nelle mani dei Tedeschi, furono giudicati e condannati a morte dal Tribunale militare tedesco di via Santa Chiara, come è indicato nel manifesto biligue che diffuse la notizia dell’avvenuta esecuzione il 3 gennaio 1944, assieme a quella precedente del 30 dicembre 1943 di Emiliani e Donatini.

Dintorni di Vidiciatico, Poggiolforato (m.820 s.l.m.).

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(7) Vedi L. Bergonzini, L. Arbizzani La Resistenza a Bologna, testimonianze e documenti. vol. V, Cisiana Castelli alle pagg. 369-370.

(8) La scheda di Toni Rovatti “Poligono di tiro di Bologna 3-1-1944″, in ww.straginazifasciste.it

(9) Vedi L. Bergonzini, L. Arbizzani La Resistenza a Bologna, testimonianze e documenti. vol. III, Vecchietti Raffaello, pagg.445-448.

(10) Vedi L. Bergonzini, L. Arbizzani  La Resistenza a Bologna, testimonianze e documenti. vol. III,  Bertrando Pancaldi, pagg. 439-445.

Tutte le foto e cartoline d’epoca fanno parte della Collezione M. Bergamaschi.

 

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