Tra i fucilati due false identità.

Secondo due testimonianze ( Ivo Dalle Donne e Paola Rocca in La Resistenza a Bologna, rispettivamente voll. V e III ) i primi sedici nomi di detenuti a San Giovanni in Monte, arrestati tra la fine di settembre e la prima metà di novembre del ’44, sarebbero stati selezionati e destinati all’esecuzione presso il Poligono di Tiro da Tartarotti, ma si tratta evidentemente di un impreciso passaparola tra arrestati : Tartarotti era già a Trieste con Tebaldi ; qualcun altro doveva averlo sostituito, riproponendone lo stesso minaccioso e violento comportamento.

Tra loro tuttavia Franchini Ernesto e Magnani Ercole, benché dai dati della matricola carceraria risultino nati e domiciliati a Bologna, non sono annoverati in quella specie di censimento dei partigiani bolognesi stilato da A. Albertazzi-L. Arbizzani – N.S. Onofri e non hanno riscontri anagrafici : si tratta perciò o di false identità di due partigiani, come per Nozzi Luigi /Bruno Pasquali, oppure di spie infiltrate a fianco degli arrestati, secondo un uso dell’UPI già evidenziato in altre circostanze. Noi propendiamo per la prima ipotesi e ci sembra plausibile identificarli rispettivamente il primo quasi certamente con Rubini Leandro e il secondo forse con Ventura Mario, fucilato anch’egli il 18-11-1944, benché testimoni affermino che fu catturato dai Tedeschi durante la battaglia della Bolognina e non il 16 novembre, come risulta invece per Magnani Ercole.

Dei 16 detenuti di San Giovanni in Monte, infatti, alcuni hanno analoga provenienza : il gruppo più numeroso è formato da alcuni partigiani appartenenti alla V brigata Matteotti “Bonvicini”, Barilli Giordano, Bonora Tonino, Cappelletti Mario, Rubini (o Rubbini) Lino, che dai fogli matricolari del carcere risultano internati a San Giovanni in Monte insieme (compreso quello dalla falsa identità di Franchini Ernesto), hanno un numero di matricola  in successione, l’indicazione dello stesso giorno dell’arresto a Bologna, il 15.11.’44, quello della battaglia della Bolognina, sono accompagnati dallo stesso caposcorta tedesco, tale Ebert.

All’indomani della Liberazione questi giovani vennero segnalati come “dispersi” dai loro familiari, in quanto vittime di un rastrellamento tedesco avvenuto a S. Antonio di Medicina il 12-10-’44 (come risulta dai documenti contenuti nel fondo Anpi Bologna, busta 126, fascicoli 877 ed 878, conservati presso l’Istituto Parri), posposto al 12-11-44 da alcune fonti, non si sa in base a quali diverse informazioni. Secondo la denuncia dei parenti, “disperso” con loro alla stessa data nello stesso luogo risultava anche Rubini Leandro, di cui ancor oggi non si conosce la sorte, che non è stato registrato con loro in entrata a san Giovanni in Monte e che ha la stessa data di nascita del fantomatico Franchini Ernesto, cioè il 2-3-1922 (un po’ come per Nozzi/Pasquali, dove Pasquali nella falsa identità di Nozzi mantiene la propria data di nascita posposta solo di un giorno). Il che ci porta alla pressochè sicura identificazione di Franchini Ernesto, il cui corpo è sepolto nel Monumento ossario dei caduti della Resistenza alla Certosa, con Rubini Leandro.

 

la tomba di Franchini Ernesto
Nella terza colonna da sinistra, seconda postazione in alto, la tomba di “Franchini Ernesto” alla Certosa di Bologna.

 

Noi non conosciamo allo stato attuale quali vicende coinvolsero i cinque giovani di Medicina nel periodo intercorso tra il 12 ottobre e il 15 novembre, se rastrellati siano fuggiti, o se in quel 12 ottobre ’44 siano entrati in clandestinità per ottemperare all’ordine del CUMER (Comando Unico Militare Emilia Romagna) di confluire a Bologna, all’insaputa delle famiglie. Possiamo solo rimarcare che dai documenti carcerari essi risultano arrestati a Bologna alla metà di novembre, senza provenire da altro precedente presidio nazifascista e finora non ci è mai capitato di verificare indicazioni incomplete o imprecise sui dati di arresto effettuati dai tedeschi. Per quel che vale.

Un secondo gruppo è quello con la vicenda più nota e consolidata: i partigiani arrestati con i vicini di casa nella zona di Pontevecchio, tra cui spiccano i nomi di Giordano Walter Busi e Bruno Pasquali, catturati il 14-11-’44. Paola Rocca, la staffetta della base partigiana di Pontevecchio, in La Resistenza a Bologna -vol. III, racconta con dovizia di particolari cosa avvenne : nelle prime ore del pomeriggio del 14 novembre un ampio dispiegamento di militari tedeschi in assetto di guerra, con carri armati, camion, mitraglie e mitra in mano circondò la zona compresa tra via Oretti, via Emilia Levante e il Vivaio “Ansaloni”, rastrellando tutte le abitazioni di Via Emilia Levante, comprese tra i numeri 48 e 76. Furono presi tutti gli uomini, in totale 17, e due donne, lei compresa, che verso le 16, dopo che fu tolto l’accerchiamento, furono caricati su un camion e portati via. Dopo una peregrinazione tra via Magarotti, via Manzoni, la caserma di S. Mamolo, dove non fu possibile trovar posto per i fermati, essi furono portati a San Giovanni in Monte, controllato dai fascisti. Uno di questi, erroneamente identificato con il solito Tartarotti, riconobbe sia Busi sia Pasquali, nonostante i documenti falsi di quest’ultimo. Essi non avranno scampo : torturati e forse già uccisi prima ancora di uscire dal carcere, di entrambi manca dal foglio matricolare anche la firma in uscita, che comunque riporta la data di tutti gli altri :  18-11-1944.

Altri due arrestati nella zona di Minerbio (Chiarini e Cavalli), infine, catturati nello stesso giorno e affidati allo stesso caposcorta, Giuseppe Gervasi, sono dei minorenni rimasti più di un mese nelle mani dei nazifascisti, il primo dei quali figlio di uno dei massimi responsabili dell’antifascismo bolognese, Chiarini Gaetano, con un ruolo rilevante in diversi importanti episodi tra la Liberazione e il dopoguerra, dai fatti di Dongo alla nascita del Parlamento repubblicano, di cui fu deputato tra il ’47 -’48, che seppe della morte del figlio fin dal novembre ’44, (vedi  http: //www. storiaememoriadibologna.it/chiarini-gaetano-513046-persona ). Oriente non fu quindi fucilato a Vigorso, come attestato da alcune fonti.

Altri sono partigiani catturati soli, Spettoli, Magoni, alcuni provenienti da altre province : Fabbri da Modena, Righetto da Milano, di cui era rimasta poca memoria a Bologna. Una vittima inerme, colpita e vilipesa fu invece l’anziano parroco di Brisighella, don Lanzoni, trascinato via da casa sua durante una rappresaglia, giunto al carcere di Bologna privo anche della tonaca, che gli fu prestata poco prima di essere portato al Poligono dagli altri sacerdoti rinchiusi in cella con lui,  quei Don Arrigo Beccari, oggi annoverato tra i giusti dello Yad Vashem ed animatore del gruppo di Villa Emma a Nonantola,  don Ivo Silingardi, collaboratore di Don Zeno Saltini e fondatore dell’Istituto Nazareno, e don Ennio Tardini.

Foto di don Antonio Lanzoni
Foto di don Antonio Lanzoni

 

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