Il sequestro di Zambonelli e l’attentato a Vetuschi

Un rapimento finito male

Il 28 agosto del 1944 la squadra partigiana “Temporale” in perlustrazione sulla via Persicetana avvistò la macchina del ras Zambonelli : i gappisti infatti erano stati avvisati da “Ezio” (Roveno Marchesinivedi §. 6.0. ) che il gerarca stava recandosi a Bologna per consegnare al federale provinciale Torri, di cui era un fedelissimo, una lista di antifascisti da arrestare.

Elio Zambonelli, ex Primo Seniore della Milizia e Colonnello della G.N.R. (Guardia Nazionale Repubblicana) era molto conosciuto a San Giovanni in Persiceto. Assieme al fratello Enea era considerato tra i più pericolosi e facinorosi comandanti fascisti del territorio fin dagli anni ’20, quando la loro abitazione, Villa Conti, situata in via Cento 18, era stata sede delle prime riunioni fasciste degli agrari persicetani, centro di propaganda e punto di riferimento dello squadrismo locale.

Villa Conti, ridenza della famiglia Zambonelli, oggi, riattata in struttura d'accoglienza.
Villa Conti, ridenza della famiglia Zambonelli, oggi, riattata in struttura d’accoglienza.
Parte degli interni , oggi restaurati, di Villa Conti.
Parte degli interni , oggi restaurati, di Villa Conti.

 

Proprio i fratelli Zambonelli, fra l’altro, avevano già avuto a che fare con Gaetano Bussolari, che sarà appunto uno dei giustiziati nella rappresaglia, in quanto il “Maronino” era stato avversario puntiglioso e instancabile dei soprusi dei possidenti persicetani, era più volte intervenuto criticamente nella gestione della Partecipanza locale (1), infine era già stato vittima di più bastonature punitive fasciste fin dall’autunno del ’32.

Gaetano Bussolari, "Il Maronino".
Gaetano Bussolari, “Il Maronino”.Fondo Fotografico ANPI, Istituto Parri, Bologna.

 

Secondo la testimonianza di Nazzareno Gentilucci («Nerone»), comandante della «Squadra Temporale» della 7ª Brigata GAP «Gianni» Garibaldi, il sequestro di Zambonelli avvenne in pieno giorno. Dal commando partigiano il gerarca fascista fu portato nella base-gap di via Barberia, a Bologna, dove fu perquisito e gli fu trovato addosso un lungo elenco di nominativi da denunciare. Mentre il federale veniva tenuto sotto sorveglianza e interrogato, furono avviate delle trattative allo scopo di effettuare uno scambio con dieci partigiani, detenuti nel carcere di San Giovanni in Monte, ma il tentativo non ebbe successo. I gappisti, anzi, vennero a sapere che l’intenzione era di catturarli nel luogo fintamente deputato allo scambio.

Fu perciò decisa l’uccisione di Zambonelli, il cui corpo fu abbandonato il giorno seguente, 29 agosto 1944, in via Irnerio, nei pressi di Piazza VIII Agosto, dove il 18 agosto erano stati giustiziati sette antifascisti di Marmorta (fraz. di Molinella), dopo l’attentato al Ten. Col. Rosmino, e i cui cadaveri erano stati lasciati esposti in quel luogo per diversi giorni.“Terremoto” (Vincenzo Toffano), eseguita la sentenza, abbandonò vicino al corpo un biglietto con la scritta :« I gappisti della Temporale della 7ª brigata GAP hanno fatto giustizia ».La lista di antifascisti, trovata nelle tasche di Zambonelli e sequestrata, fu recapitata ad Antonio MarzocchiToni» o «Mas»), comandante del battaglione partigiano che operava tra Anzola e i Forcelli ed in quell’occasione la vide anche il fratello Armando, il quale raccontò poi che alcuni degli oltre 50 nominativi erano sottolineati e recavano a fianco una o più crocette. Per mezzo di un altro partigiano, Bruno BussolariBevero»), la lista infine fu consegnata ad Elena Baroni, partigiana dal giugno 1944, che era centralinista dell’ufficio telefonico situato al p.t. del Palazzo SS. Salvatore,  che provvide ad avvertire molte persone in pericolo.

Questa in sintesi la versione dei fatti che dette il comandante della Temporale a distanza di anni a L. Bergonzini in La Resistenza a Bologna, vol. V, pag.971. Riportiamo fedelmente qui sotto le sue parole :

“Un’altra azione simile la facemmo contro un grosso gerarca, stretto collaboratore del federale fascista Torri e fu questa certamente un’azione che salvò dall’arresto, dalla deportazione, forse dalla morte, molti partigiani e antifascisti che operavano nel persicetano. Un giovedì mattina, saputo da “Ezio” (Roveno Marchesini) che il gerarca si sarebbe recato a Bologna per consegnare al federale una lista di persone da arrestare, noi ci recammo sulla strada persicetana con un’auto e in divisa da SS, facemmo un posto di blocco. Giunse la macchina nera, col gerarca e l’autista e noi la bloccammo. Il gerarca scese e disse il classico: “Voi non sapete chi sono io” e allora “Terremoto” (Vincenzo Toffolo-n.d.a) gli fece vedere la pistola e io gli dissi che doveva venire con noi perché ci risultava che lui era legato ai “fuori legge”. Mentre imprecava con minacce, io feci scendere l’autista e mi misi al volante della macchina del gerarca e intanto “Tempesta” (Dante Drusiani-n.d.a) ci seguiva con l’altra macchina. Il gerarca, pur irritato, abboccò e si accorse di essere nelle mani dei partigiani solo quando si trovò dentro la nostra base di via Barberia. Allora lo perquisimmo e gli trovammo la lista dei nominativi e ricordo che era lunga che non finiva più. Feci avere la lista ed altri documenti a Luigi e Paolo e ricevemmo l’ordine di interrogarlo, di stare attenti che non fuggisse perché poteva essere utilizzato per uno scambio. Saputo dell’idea dello scambio, il gerarca si rasserenò, certo com’era che il federale non l’avrebbe abbandonato; ma così non fu, anzi sapemmo che i fascisti avevano preparato un tranello per arrestare quelli che eventualmente si fossero presentati per trattare. Ci giunse allora l’ordine di giustiziarlo in piazza VIII Agosto, nel posto dove i fascisti avevano massacrato i giovani patrioti di Molinella. Ricordo che “Terremoto”, eseguita la sentenza, gli lasciò accanto un biglietto con la scritta: “I gappisti” della Temporale della 7ª brigata GAP hanno fatto giustizia”.

L’attentato al Ten. Col. Pasquale Vetuschi

Ad aumentare una tensione già alta, in quello stesso giorno, martedì 29 agosto 1944, fu ucciso anche il tenente colonnello Pasquale Vetuschi, ufficiale medico del 202° C.M.R. (O.M. Bologna) in un agguato avvenuto proprio sotto casa sua, in via Crociali, nella prima periferia est di Bologna.

Mentre si stava recando al lavoro nel proprio ufficio, situato presso le scuole “Mattiuzzi-Casali”, intorno alle ore 9 del mattino, alcuni individui, che indossavano divise color caki e lo stavano attendendo in automobile sulla strada, lo affrontarono con le pistole in pugno, colpendolo da distanza ravvicinata. Ferito alle braccia, l’ufficiale medico si accasciò al suolo e lì fu raggiunto da altri colpi, che lo finirono.Subito dopo gli attentatori si dettero alla fuga.

Ospedale Mazzacorati-Bologna.
Ospedale Mazzacorati-Bologna.

 

La Salma fu trasportata all’Ospedale “Mazzacorati”, dove venne allestita la camera ardente, che nel corso della giornata fu visitata dalle più alte autorità politiche e militari, in primo luogo il comandante militare reg. generale Giglio.

Le onoranze funebri si tennero in forma solenne il giorno dopo, mercoledì 30 agosto. Videro la partecipazione dei rappresentanti delle principali istituzioni cittadine e si conclusero con un corteo che sfilò per le vie della città, accompagnando le spoglie al cimitero.

Corte funebre a Bologna per un caduto della Brigata Nera.

 

Il ten. Colonnello Pasquale Vetuschi al momento dell’uccisione aveva 53 anni ed era un ufficiale medico in servizio permanente. Era nativo di Teramo, ma risiedeva ormai da molti anni a Bologna dove viveva solo, con una madre anziana. Si era laureato in Medicina e chirurgia proprio a Bologna, il 30 maggio 1915, ed era entrato come ufficiale effettivo nella Sanità Militare, dove aveva fatto una rapida carriera. Aveva svolto il suo servizio nei ruoli della Sanità militare durante la guerra libica e nel corso della I guerra mondiale, tra il ‘15-’18. Successivamente aveva preso parte -tra il personale sanitario- anche alle imprese coloniali italiane in Eritrea e in Somalia. A Bologna da tempo ricopriva l’incarico di Presidente della Commissione Medica Ospedaliera Militare.

I necrologi della madre e di un caro amico del Ten. Col. Pasquale Vetuschi, pubblicati sul "Carlino".
I necrologi della madre e di un devoto collaboratore del Ten. Col. Pasquale Vetuschi, pubblicati sul  Carlino.

 

Il bollettino del Cumer di agosto

Di entrambi i fatti abbiamo trovato riscontro su un bollettino del Cumer che contiene un’informativa sulla attività di fine agosto della 7a brigata d’assalto Garibaldi Gap “Gianni”, visibile nella foto sotto, di cui abbiamo riportato la sezione finale. Sulla giornata del 29 agosto 1944 si possono leggere i seguenti brevi rapporti :

29 agosto – In quel di S. Giovanni in Persiceto veniva giustiziato alle 5 del mattino il traditore fascista e colonnello delle Brigate nere ***

Nella stessa giornata, nei pressi delle scuole Matteuzzi, in via Crociali, veniva pure giustiziato il colonnello ***

Come si può ben constatare le azioni partigiane del rapimento di Zambonelli e dell’attentato a Vetuschi sono sintetizzate in poche battute, che coincidono in toto col racconto dei fatti relativi all’attentato Vetuschi, mentre invece se ne discostano per l’uccisione di Zambonelli, giustiziato all’alba “a S. Giovanni in Persiceto” secondo il bollettino del Cumer, non a Bologna, come dichiarato invece da Nazzareno Gentilucci nella sua testimonianza (che abbiamo riportato in precedenza), dove tra l’altro, a distanza di diverso tempo dai fatti però, si indica in un giovedì  il giorno del rapimento ( il 28 agosto 1944 era invece un lunedì).

Ingrandimento del fondopagina del bollettino Cumer di agosto della 7a Gap "Gianni" Garibaldi, Bologna. Istituto Parri, BO.
Ingrandimento del fondopagina del bollettino Cumer di agosto della 7a Gap “Gianni” Garibaldi, Bologna. Istituto Parri, BO.

 

Questo naturalmente solleva qualche perplessità sull’attendibilità della ricostruzione tradizionale dei fatti dell’intera vicenda relativa al rapimento di Zambonelli. Noi ci limitiamo a segnalarlo e ci permettiamo di aggiungere solo che apparirebbe in effetti più plausibile che Zambonelli, sequestrato sulla Persicetana dal gruppo dei gappisti, non si sia mai allontanato più di tanto da S. Giovanni in Persiceto, per lo meno da vivo.

La testimonianza di Giuseppe Veronesi

Tuttavia una testimonianza che presenta particolari crismi di credibilità, riporta verso Bologna il percorso dell’auto su cui fu sequestrato Elio Zambonelli. Ce la fornisce Giuseppe Veronesi, un commerciante di San Giovanni in Persiceto, antifascista amico e compagno di vicissitudini del Maronino (quel Gaetano Bussolari che fu tra le vittime della rappresaglia del 30 agosto 1944), nel suo testo autobiografico Il triangolo della morte, citato anche in nota.

Sfollato a Bologna dal paese natale per proteggere sè e la famiglia dalle angherie fasciste, verso la fine dell’agosto del ’44 Giuseppe Veronesi per necessità familiari fu costretto a ritonare in bicicletta a Persiceto, pur consapevole dei pericoli che correva.

Da Borgo Panigale pensavo di battere strade di campagna: passare cioè da Sacerno, dalle Budrie…ed arrivare a casa. In località Scala, mentre procedevo adagio per via del tipico fondo stradale formato da cubetti di granito ed anche perché stavo affrontando la salita del ponte sulla ferrovia, incrociai un’automobile che scendeva a velocità moderata. Per caso diressi lo sguardo verso la macchina e vidi in essa il colonnello Zambonelli e tre militari tedeschi. Ebbi la assoluta certezza che anche il mio maggior nemico mi avesse riconosciuto, perché, sia pure per poco i nostri sguardi si incrociarono.

Allungai il passo e misi sui pedali tutta la mia forza, temendo da un momento all’altro di essere raggiunto; ma dopo un po’ di strada, a piena volata, mi voltai indietro e mi resi conto che l’automobile, su cui stava il mio maggior nemico, non mi stava seguendo. Arrivai a casa, feci preparare un po’ di roba e, prima di partire, volli andare a salutare i Calzati, carissimi amici che abitavano a due passi da casa mia. Vi trovai Alfredo, il fratello maggiore, e mi parve subito alquanto sconvolto, al vedermi poi impallidì ancora di più.

-Geppe, ma che fai qui?

-Ho dovuto fare una scappata per prendere dei vestiti per i bambini.

-Non sai che è successo? Questa mattina hanno preso Zambonelli!

-Ma se l’ho incontrato io mentre andava a Bologna!

-E dove?

-Alla Scala.

-Geppe, questa mattina lo stavo portando a Bologna e al Bargellino siamo stati fermati da tre soldati tedeschi; uno di essi ha chiesto i documenti e come ha riconosciuto il colonnello gli ha puntato contro la rivoltella e gli ha ordinato di non muoversi. Gli altri intanto hanno fatto scendere me e un altro persicetano; i tre sono saliti in macchina con le armi in pugno e sono partiti verso Bologna; erano partigiani travestiti da tedeschi.

(…)

Dissi all’amico Calzati :

-Certamente Zambonelli mi ha riconosciuto e avrà pensato che sia stato io l’organizzatore della sua cattura, ma, pur avendo validi motivi di odiarlo, ti giuro che io non ho fatto nulla e non so nulla.

Molto guardingo lasciai il paese e rientrai a Bologna nel mio nascondiglio…(…). Il giorno dopo Emilio, di ritorno dalla città, mi disse che Zambonelli era stato ucciso e che il suo cadavere era stato abbandonato nei pressi della Montagnola.

In seguito venni a conoscenza che a Persiceto vi erano stati degli arresti e che l’amico Maronino era stato fucilato al Poligono di tiro di Bologna. “I carognoni” come lui li chiamava, riuscirono solo col piombo del plotone di esecuzione, a far tacere per sempre il coraggioso persicetano.(2)

Note :

(1) Il Consorzio Agrario dei Partecipanti o Partecipanza è una antichissima forma di proprietà terriera che risale al XII secolo e ancora oggi coinvolge i Partecipanti, cioè solo i discendenti in linea maschile delle originarie famiglie persicetane assegnatarie. Il patrimonio di terre del Consorzio trae origine da concessioni enfiteutiche ad meliorandum (che prevedevano cioè la clausola di bonificare e coltivare le terre pagando un canone di affitto) di vasti appezzamenti di terreno paludoso, boschivo e prativo fatte a partire dal secolo XII dall’Abate di Nonantola e dal Vescovo di Bologna all’antica comunità persicetana. La particolarità dell’istituto della Partecipanza è il perdurare attraverso i secoli di questo tipo di concessione fino ai giorni nostri, anche se dal ‘400 le famiglie originarie, che avevano attuato le bonifiche, decisero di blindare il godimento dei beni ai soli discendenti delle famiglie originarie mediante la stesura di appositi ”capitoli”. Poi, nel 1833, si sancì la divisione fra Comune e Partecipanza e, tra il 1865 e il 1869, il Consorzio affrancò definitivamente i suoi terreni. Oggi il Consorzio dei Partecipanti di San Giovanni in Persiceto è una Associazione Agraria, proprietaria di estesi appezzamenti di terreno e costituita tuttora dalla collettività dei Partecipanti, i quali, ogni nove anni, partecipano al riparto e assegnazione delle terre.

(2) In Giuseppe Veronesi Il triangolo della morte, San Giovanni in Persiceto 1970, pagg. 67-68, nel capitoletto intitolato “Casuale incontro”.

 

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