La trappola.
I fascisti allora misero a punto un piano per mettere in trappola il maggior numero possibile di membri del Partito d’Azione.
Nel luglio 1944, i fascisti riuscirono a stabilire un contatto diretto con il Partito d’Azione. Venne comunicato a Massenzio Masia (Segretario regionale del Partito d’Azione e comandante delle brigate “Giustizia e Libertà” dell’Emilia-Romagna), che nelle grotte del Farneto ( a San Lazzaro di Savena ) si trovavano alcuni giovani sbandati, armati e intenzionati a diventare partigiani.
A quei tempi i giovani renitenti alla leva, che vivevano alla macchia, erano numerosi e la richiesta fu considerata plausibile.

Masia inviò alle grotte del Farneto Giosuè Sabbadini, ispettore militare, per controllare il gruppo, che era armato, poco numeroso e guidato da un certo Ivo Severi, che si faceva chiamare “Aquila Nera” e che aveva un aiutante, che si faceva chiamare “Paolo”. Essi riferirono di essere soldati sbandati da mesi e convinsero Sabbadini, che ne propose l’assorbimento dopo un periodo di “quarantena”.
La banda non fu mai inglobata regolarmente dentro a “Giustizia e Libertà” e gli incarichi che ricevette furono di scarsa importanza, finchè ai primi di agosto del 1944 “Aquila Nera” propose di rapire lo squadrista Peppino Ambrosi e di scambiarlo con Luigi Zoboli, che si trovava ancora in carcere. Gli fu affidato l’incarico di attuare il piano.
Ambrosi fu catturato il 4 agosto 1944 alle ore 19 e lo scambio con Zoboli fu effettuato il 6 agosto, in una località nei pressi di Bologna. Il rapimento di Peppino Ambrosi offrì ad “Aquila Nera” l’occasione di poter finalmente accreditarsi sul serio e introdursi per davvero all’interno del Partito d’Azione.
Fu alla fine del mese di agosto 1944, che “Aquila Nera” e “Paolo” fecero scattare la trappola, decidendo di accelerare i tempi per paura di essere smascherati.