Gaetano Bussolari, il “Maronino”.

Gaetano Bussolari.
Gaetano Bussolari.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Un possidente benestante

La maggior parte delle vittime delle fucilazioni nazifasciste del Poligono di tiro di Bologna, come abbiamo visto fin qui, sono di estrazione sociale bassa, di origini umili, espressione di quei ceti popolari -operaio e contadino- che più soffrirono le imposizioni e le vessazioni del regime, la miseria e la fame della guerra.

Gaetano Bussolari, invece, fece parte di quella minoranza che si distaccò dai più per le condizioni sociali di appartenenza. Fu infatti un possidente di San Giovanni Persiceto, con un patrimonio in immobili, nel solo paese natale, valutato negli anni ’40 intorno alle 250.000 lire. Era inoltre discendente da una delle famiglie che nel Persicetano usufruivano delle concessioni di terre e benefici che l’Abate di Nonantola e l’Arcivescovo di Bologna fin dal XII secolo avevano riservato agli antichi abitanti del comune, affinchè bonificassero e dissodassero terreni in origine paludosi. Tali concessioni nel tempo avevano portato alla nascita del Consorzio agrario della Partecipanza, all’interno della quale Gaetano Bussolari ricopriva il ruolo di “partecipante capo”.

Gli studi storici

Nato il 19 settembre 1883 a san Giovanni in Persiceto da Angelo e Maria Alfonsa Tinarelli, aveva studiato al Collegio dei Salesiani di Faenza fino al 1895, poi aveva continuato gli studi da solo. Fu infatti un grande appassionato di storia locale ed un abituale frequentatore degli archivi del nostro territorio: da quelli comunali e parrocchiali persicetani e della locale Partecipanza, a quelli nonantoliani, all’Archivio di Stato, a quello Arcivescovile ed alla Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna.

Aveva in mente di pubblicare un’Enciclopedia persicetana, degli Annali persicetani e uno Stradario, a cui lavorò per molti anni, senza che però nessuna di queste opere raggiungesse mai il compimento e la pubblicazione. Lo scopo dei suoi lavori avrebbe dovuto essere quello di redigere repertori di supporto allo studio della storia di San Giovanni in Persiceto e della Partecipanza, che fu al centro dei suoi interessi.

I suoi scritti, note ed appunti, sono confluiti nel fondo speciale che porta il suo nome e che è pervenuto alla Biblioteca dell’Archiginnasio nel 1948, secondo le sue disposizioni testamentarie, rese esecutive dalla sua vedova, Sig.ra Pia Serra, assieme alla sua biblioteca, che comprende oltre 600 libri antichi, centinaia di opuscoli di argomento prevalentemente storico-letterario, per un totale di circa 3.400 volumi, custoditi e catalogati con grande cura.(1)

Ex libris di G. Bussolari. Archiginnasio di Bo. http://badigit.comune.bologna.it/mostre/tesori_soffitta/index.html
Ex libris di G. Bussolari. Archiginnasio di Bo. http://badigit.comune.bologna.it/mostre/tesori_soffitta/index.html
Firma autografa di Gaetano Bussolari, con aggiunta delle tre emme : il suo monogramma personale che sta a significare :«memoriae - Maroninus - magister».
Firma autografa di Gaetano Bussolari, con aggiunta delle tre emme : il suo monogramma personale che sta a significare :«memoriae – Maroninus – magister». Ancora su http://badigit.comune.bologna.it/fondi/fondi/26.htm.

 

 

 

 

 

 

 

Altro ex-libris di G. Bussolari. Ibidem.
Altro ex-libris di G. Bussolari. Ibidem.

 

 

 

 

 

 

 

 

(1) Oggi è accessibile online la scheda aggiornata di presentazione del suo fondo sul sito dell’Archiginnasio, vedi http://badigit.comune.bologna.it/fondi/fondi/26.htm.  E’ possibile inoltre visitare il materiale del fondo esposto nel 2008 all’interno della mostra “ Tesori in soffitta” dell’Archiginnasio al sito :http://badigit.comune.bologna.it/mostre/tesori_soffitta/index.html.

Giovane ateo e socialista

In gioventù fu simpatizzante del partito socialista ed anche se frequentò scuole religiose ed ebbe tra i suoi più cari amici Don Manete Tomesani, il parroco di san Giovanni Persiceto, si professò sempre ateo ed anche in occasione del matrimonio con la donna a cui rimase legato tutta la vita, Pia Serra, scelse di celebrare la sola unione civile.

Ritratto autografato di Gaetano Bussolari.http://badigit.comune.bologna.it/fondi/ritratti/R_Bussolari.
Ritratto autografato di Gaetano Bussolari. http://badigit.comune.bologna.it/fondi/ritratti/R_Bussolari.

 

Alpino nella I Guerra Mondiale

Chiamato alla visita di leva il 1° luglio 1903 è lasciato in congedo, fino alla partecipazione alla Prima guerra mondiale tra gli Alpini (2), dove fu arruolato il 14 luglio 1916, assegnato al 2° Rgt. Alpini, Btg. “Borgo San Dalmazzo“, di servizio presso il Deposito del 2° Rgt. Alpini di Cuneo. Promosso Caporale di contabilità, con questo incarico, partì il 30 settembre per l’alto Friuli, destinato al territorio di Tolmezzo e Valle del But, dichiarato “in stato di guerra”, dove rimase fino al 30 agosto 1917.

Pur non essendo stato impiegato in prima linea, fu comunque impegnato in alta montagna in condizioni difficili, che lo fecero ammalare. Fu perciò inviato “a riposo” presso il Deposito Aviatori di Torino, dove rimase fino al 21 dicembre 1918, a guerra finita ormai da più di un mese. Ottenuta la licenza illimitata il 22 dicembre ‘18, fu inviato in congedo il 19 agosto ed iscritto nella Milizia Territoriale del Distretto Militare di Bologna, dove fu confermato anche il 12 luglio 1929, finché fu definitivamente prosciolto dal servizio militare il 31 dicembre 1938. Mantenne comunque i contatti con l’associazione degli Alpini fino agli anni ’30.

(2) La sua matricola militare è pubblicata su http://www.noialpini.it/bussolari-gaetano.html In essa, al momento del servizio di leva, nel 1903, egli viene definito “caffettiere”. Fu infatti proprietario di un caffè, in Corso Umberto I, poi affidato in gestione a Cocchi Rosa in Veronesi e figli, frequentato dai socialisti di Persiceto, tanto da essere chiamato “Caffè dei bolscevichi” e che durante il fascismo fu di frequente obiettivo di incursioni squadriste, tanto da costringere alla chiusura i gestori. In seguito riaperto dalle sorelle Pancaldi, ebbe miglior fortuna, essendo le proprietarie meno invise al regime. Nel dopoguerra la proprietà divenne un negozio di frutta e verdura (vedi pag. 91 in Racconti di una comunità. Persicetani caduti nella Resistenza nel 60° della Liberazione, San Giovanni in Persiceto 2005, a cura di William Pedrini).

Durante il fascismo. Da dove gli arrivarono i guai.

A mettere in pericolo durante il regime fascista la solida tranquillità della vita borghese, garantita materialmente e socialmente, di Gaetano Bussolari fu innanzitutto il suo carattere, il suo modo di stare al mondo e soprattutto l’incapacità di voltarsi dall’altra parte. Sull’epigrafe che gli fu dedicata nel paese natale (3), dettata da Raffaele Pettazzoni, di lui si dice che fu un “mordace spirito ribelle, ai potenti censore severo, ai prepotenti nemico implacabile”.

La sua indipendenza di giudizio, l’incapacità di tacere e sottrarsi alle situazioni scomode, il coraggio civile di chi non si piega ai soprusi ed alle ingiustizie, lo misero ben presto nel mirino del fascismo e dello squadrismo locale.

(3) L’epigrafe è stata collocata nei pressi della sua abitazione, nell’attuale Corso Italia 90, a San Giovanni in Persiceto.

Bersaglio delle violenze fasciste

In una data non indicata univocamente dai testimoni  (4), ma collocata nell’autunno del 1932, sicuramente dopo la morte di Enea Zambonelli, avvenuta in quell’anno, e proprio a causa di un commento pungente di Bussolari sull’ex- capo degli squadristi persicetani, si verificò nella piazza centrale del paese la prima seria violenza fascista di cui Gaetano Bussolari fu vittima.

Mentre verso sera stava rientrando dalla stazione di Persiceto in compagnia della moglie, che lo era andato a prendere al suo ritorno da Bologna, su corso Umberto I (oggi Corso Italia), dove si trovava la loro abitazione, furono fermati da un gruppo di cinque fascisti in borghese: Magagnoli dell’Accatà, detto “Magagnulen”, Alfonso Quaquarelli, Restani, Forni V. ed un altro non indicato dai testimoni presenti. Uno di essi trattenne Pia Serra di fronte al portone di casa, gli altri afferrarono Bussolari, lo spintonarono verso il centro della piazza e lo circondarono quando fu giunto ai piedi della scalinata della chiesa.

La moglie di Gaetano Bussolari, Pia Serra, a passeggio per via Rizzoli, a Bologna. www.storiaememoriadibologna.it
La moglie di Gaetano Bussolari, Pia Serra, a passeggio per via Rizzoli, a Bologna. www.storiaememoriadibologna.it

 

Lì lo sottoposero ad un trattamento a base di botte, bastonate, colpi di manganello, calci nel sedere. Poi uno di loro, pare Magagnoli, lo imbrattò versandogli addosso con un mestolo sulla testa e sul collo il contenuto di un bidone pieno dei liquame di un pozzo nero. Mentre il fetore degli escrementi umani invadeva la piazza, il manipolo di fascisti gli impose di cantare l’inno fascista “Giovinezza”, che Bussolari accennò, affermando che solo in circostanze simili si poteva cantare quell’inno. Ad assistere sotto i portici o defilati, benchè richiamati dai bar vicini dai fascisti, c’erano una trentina di persone silenziose. Nessuno commentò. Non si poteva.

Al termine i fascisti gli intimarono di andarsene da Persiceto, minacciandolo di altre violenze se non l’avesse fatto. Bussolari capì di dover prendere sul serio le minacce e perciò decise di allontanarsi dal paese per far calmare le acque, stabilendosi da un cugino a Milano, dove rimase una ventina di giorni. In seguito tornò a Bologna, in una sua abitazione in via de’ Pignattari, dove chiamò presso di sé la moglie, rimanendo per tutto l’inverno nel capoluogo, dedicando il suo tempo ai suoi studi presso l’Archiginnasio. I due coniugi rientrarono nella loro casa a Persiceto solo nell’ aprile successivo e vi rimasero fino all’ arresto del 29 agosto 1944, immediatamente precedente alla sua fucilazione.

Non si fermarono le intimidazioni e le minacce nei suoi confronti, tanto che arrivarono perfino ad appendergli il manganello delle bastonature fasciste sulla porta di casa. Ma ciò che lo rese del tutto inviso al regime fu la sua azione all’interno degli organismi della locale Partecipanza, dove i suoi interventi e il suo schierarsi a favore di alcuni a discapito di altri, in virtù dei risultati delle ricerche sugli antichi documenti dell’Archivio, finirono per dare fastidio al gruppo dirigente del Consorzio, che lo segnalò alle autorità competenti, che lo iscrissero tra i “sovversivi”, gli oppositori del regime tenuti sotto il controllo sistematico delle forze dell’ordine, sottoposti a vigilanza costante, a limitazioni delle libertà civili e ad arresti preventivi in occasione di eventi considerati sensibili per la vita politica e sociale del paese.

(4) In un documento, dell’11-6-’36, presente nel suo fascicolo da “sovversivo” conservato oggi all’ASBO, è indicato il 1933; nella testimonianza più precisa e circostanziata, quella della moglie, si parla della fine di novembre del 1932; secondo Mario Gambini, fu invece esattamente il 29 ottobre 1932.La testimonianza di Pia Serra, vedova di Gaetano Bussolari, in Racconti di una comunità. Persicetani caduti nella Resistenza nel 60° della Liberazione , San Giovanni in Persiceto 2005 a cura di William Pedrini, pag.128; Primo Bonfiglioli e Giuseppe Cotti, pagg. 128-129, idem ; pag. 112 in Fascismo e Antifascismo, Guerra, Resistenza e Dopoguerra nel Persicetano.Materiali editi e inediti per la storia del venticinquennio 1919-1945, 1995, a cura di Mario Gandini, che riporta la testimonianza resa da Natale Scagliarini nel 1987, un altro dei presenti al fatto. La stessa testimonianza, redatta in una battitura dattilografica, compare anche sul sito https://www.storiaememoriadibologna.it/files/1943-45/ritratti-vai/scagliarini-natale/1987-testimonianza-gaetano-bussolari.pdf

Il “Maronino” tra i sovversivi

Il documento, con cui la Questura di Bologna aprì nel 1936 il  fascicolo da “sovversivo” riservato a Gaetano Bussolari, contiene un suo ritratto significativo del punto di vista delle autorità, che verrà ribadito con altre parole, ma medesima sostanza, anche in seguito. Si tratta della informativa dell’ 11 giugno 1936 con cui la Tenenza dei Carabinieri di San Giovanni in Persiceto risponde–segnalando il suo nome, qualificandolo come “paleografo” e relazionando su di lui- alla Legione dei Reali Carabinieri di Bologna, che chiedono di identificare chi abbia inviato in data 23 maggio ‘36 una cartolina postale ad un loro controllato: l’ex-sindaco socialista di san Giovanni in Persiceto ed ex-confinato politico Giuseppe Calzati.

Di Gaetano Bussolari si dice: “Detto individuo, pur essendo incensurato, dal pubblico, è ritenuto intrigante ed amante di mettere la discordia in tutti i campi. Gode pessima riputazione siccome capace di qualsiasi cattiva azione: dicesi pure che tempo fa abbia fatto lo strozzino. Per molti anni ha militato nel partito socialista senza però ricoprire cariche politiche né esplicare attività propagandistica. Ai primordi del P.N.F. si inscrisse a tale partito, ma dopo un po’ di tempo si dimise (tanto ? n.d.a.) che ora, benché palesemente si disinteressi di politica, è ritenuto di sentimenti contrari al regime.

E’ coniugato, senza figli, con tal Pia Serra di Alessandro, anni 38, colla quale si è unito in matrimonio col solo vincolo civile, essendo egli ateo.

Nel 1933, essendosi il Bussolari espresso in modo poco riguardoso nei confronti del fascista Enea Zambonelli, da Persiceto, da poco deceduto, fratello del Seniore della M.V.S.N. Elio Zambonelli, presidente della locale congregazione di carità, alcuni fascisti di questa sede una sera, sulla piazza Vittorio Emanuele, lo imbrattarono con dello sterco facendolo poscia camminare pel paese.”

Il documento della Tenenza dei Carabinieri di Persiceto, dellì11 giugno 1936, contenuto nel fascicolo depositato presso l'ASBO e molto malridotto, fotografato da noi.
Il documento della Tenenza dei Carabinieri di Persiceto, dellì11 giugno 1936, contenuto nel fascicolo depositato presso l’ASBO e molto malridotto, fotografato da noi.

 

Più o meno le stesse note verranno ribadite a distanza di sette anni, nella lettera datata 13 luglio 1943, che il Questore invia al Prefetto e al Presidente della Commissione Prov. per i provvedimenti di polizia, al fine di sollecitare per lui il provvedimento del confino di polizia.

Nella breve presentazione iniziale, il Bussolari è definito ancora “elemento subdolo ed astuto, capace di commettere azioni che, se pure non rientrino nella illegalità vera e propria, tuttavia sono illecite e disoneste.” Il questore, pur ammettendo che nulla di quel che fa il “Maronino” è contrario alla legge, si sforza di comunicare di lui un’immagine negativa ed insiste sul fatto che egli appartiene a quella categoria di individui che “non meno pericolosi dei vari delinquenti” (…) “sfuggono alle maglie della giustizia a causa della loro intelligenza e della loro astuzia.”

Non “bastonatura fascista”, ma “severa lezione”…

E ancora una volta ne ricorda la “severa lezione” che ebbe “dagli organizzati di quel Fascio”, quello di Persiceto, per essersi espresso “in modo poco riguardoso nei confronti di un fascista di Persiceto” e per il quale episodio, lui – non i responsabili fascisti delle violenze, nel mondo alla rovescia del regime- “fu diffidato a non dar ulteriore luogo a rilievi con il suo comportamento”.

Dopo di che lo scrivente ne ripercorre la storia personale e politica, ricordando le sue simpatie giovanili per il partito socialista, la breve adesione al partito fascista dei primordi, ma sottolineandone le dimissioni rese poco dopo per “sentimenti contrari al Regime”.

Quel che però denuncia il questore alla commissione incaricata di sanzionare col confino politico gli uomini invisi al regime, è soprattutto l’azione di disturbo svolta dal Bussolari all’interno della Partecipanza:  “un’attività intesa a far sorgere delle divergenze fra i partecipanti del Consorzio”, “nel senso di far rimettere (..) o escludere (..) dal beneficio persone, in contrasto con le decisioni prese dal Consiglio di Amministrazione dell’Ente”. Questo, consultando gli archivi della Partecipanza, grazie al materiale in tal modo acquisito.

L’ accusa è di essere “nemico giurato, per rancori personali, dei Dirigenti il Consorzio” impegnato a tentare “ ogni via onde intralciare l’opera di quella amministrazione all’unico scopo di procurare dissidi ed anche a fini strettamente di lucro. Si tratta di un’attività subdola, capziosa, capace però di creare seri intralci all’Ente ed agli interessati.”

Il questore afferma inoltre che la gran parte delle liti o questioni in cui è impegnato il consorzio o sono sue, di Gaetano Bussolari, intentate da lui o da altri, o di suoi prestanome.

In conclusione, l’attività del Bussolari, oltre ad intralciare il normale funzionamento del Consorzio Partecipanti di san Giovanni in Persiceto ”perturba gravemente l’ambiente di quel Comune, per cui si rende opportuno allontanarlo dallo stesso“.

La decisione del Prefetto sarà di richiedere per Bussolari il confino di due anni con la seguente motivazione : “ per avere, nonostante già diffidato, continuato a svolgere attività pregiudizievole degli interessi del Consorzio dei Partecipanti in San Giovanni in Persiceto. Ritenuto che siffatta attività, oltre che produrre un grave danno agli interessi generali dell’Ente suddetto, in quanto viene ad intralciarne il normale funzionamento, costituisce causa di grave perturbamento sociale nell’ambiente di quel Comune”. A seguito di ciò ed in attesa delle decisioni della Commissione competente, ne ordina l’arresto preventivo (28 giugno ’43).

Il confino

Fermato il 28 giugno ’43, con la successiva ordinanza del 19 luglio della Reale commissione Provinciale Gaetano Bussolari fu assegnato al confino di polizia per la durata di due anni quale “individuo socialmente pericoloso”, destinato dal Ministero dell’Interno a Vicalvi (FR), in Ciociaria, ove fu tradotto il 2 agosto 1943.

Ritenuto “nocivo agli interessi dello Stato” nella raccomandata del 16 luglio 1943 inviata dal Prefetto al Ministero dell’interno, Direzione Generale della P.S. e Div. Aff. Gen. E Ris. Conf. Politico, in cui ne proponeva l’invio al confino in un comune della terraferma o in una colonia, con decorrenza del confino dal giorno del fermo, 28 giugno 1943, se ne faceva presente la condizione di coniugato ed ex-combattente, in grado di sostenere le spese a suo carico.

Il provvedimento che decreta il confino per Bussolari. ASBO, foto nostra.
Il provvedimento che decreta il confino per Bussolari. ASBO, foto nostra.

 

Ma il contesto politico mutato, dopo il 25 luglio del ’43, con la destituzione di Mussolini da parte del Gran Consiglio del Fascismo, il suo arresto e la nascita del nuovo governo Badoglio, favorirono la liberazione di Bussolari, come di tanti altri confinati e detenuti, anche se si trattò di una breve ed illusoria pausa.

Grazie anche all’interessamento di Don Manete Tomesani, il 24 agosto del 1943 il comune di Vicalvi, nel frusinate, gli rilascia il foglio di via obbligatorio senza indennità, che lo libera dal confino e lo invia a Bologna, con l’ordine di presentarsi entro due giorni al questore di Bologna, passando per Pescara-Ancona. Cosa che avviene il 25 agosto, dopo di che Bussolari riprende a vivere a San Giovanni in Persiceto, prosciolto dalla misura di polizia.

Nel contempo tuttavia viene disposto su di lui un servizio di vigilanza costante da parte della questura, che diverrà sempre più oppressiva dopo l’8 settembre del ’43, poi con l’occupazione tedesca e la nascita della RSI.

Arresti preventivi e da “ostaggio”.

Per il “Maronino” diverranno abituali gli arresti preventivi, i controlli, i soprusi quotidiani, le carcerazioni come “ostaggio”.

Fu infatti compreso tra gli arrestati a San Giovanni in Persiceto il 26 gennaio 1944, dopo l’attentato ad Eugenio Facchini, una trentina di uomini che i fascisti di Persiceto avevano sollecitamente proposto come vittime della fucilazione per la rappresaglia del 27 gennaio 1944. Lo raccontano Giuseppe Veronesi (5) e Riccardo Romagnoli (6). Noi ne abbiamo già anticipato l’essenziale (vedi §. 5.2.).

Questi trenta uomini erano tutti antifascisti, prelevati ad uno ad uno dalle loro case il giorno stesso dell’uccisione del Federale di Bologna. Furono condotti alla tenenza dei Carabinieri di Persiceto, sede anche della milizia, dove vennero interrogati. Dopo gli interrogatori, una parte fu rilasciata, nove invece furono trattenuti e rinchiusi in Camera di Sicurezza : Gaetano Bussolari, il “Maronino”, il meno afflitto di tutti perché ormai abituato, che cercava di rassicurare gli animi e di risollevare il morale degli altri, Armide Forni, Arduino Guidi, Ernesto Merli, Antonio Orsi (“Nino Ursèt”), Riccardo Romagnoli, arrestato mentre rientrava a casa dalle lezioni date ai suoi scolari, Lino Saguatti (detto “Sassatèl”), Antonio Stefani, febbricitante, e Giuseppe Veronesi, come il “Maronino” bersaglio abituale dei fascisti persicetani, specie di Elio Zambonelli, che lo aveva già denunciato altre volte con accuse diverse, non comprovate (7).

In quell’occasione, anche grazie al polso della situazione, allo spirito d’iniziativa e alle conoscenze del commerciante Giuseppe Veronesi, quegli uomini furono liberati.

Veronesi, che aveva visto i cadaveri “disseminati lungo le strade” dei fucilati per la rappresaglia seguita alla morte per attentato del federale di Ferrara, Igino Ghisellini, mentre si recava al locale mercato ferrarese, non sottovalutò il loro fermo di polizia, ma si dette da fare per avvisare la moglie e farle mobilitare il parroco amico. Intervenne infatti in loro favore Mons. Cantagalli, arciprete di San Giovanni Persiceto, in buoni rapporti con il Comando tedesco della Piazza, a capo del quale era allora preposto un capitano austriaco, di religione cattolica, che frequentava la Chiesa di San Giovanni. Fu l’ufficiale tedesco a farli rilasciare tutti quanti, telefonando al Tenente dei Carabinieri ed ordinandogli di non permettere che i prigionieri fossero prelevati dalle loro celle per nessun motivo, stabilendo che da quel momento quegli uomini passavano sotto la sua consegna.

Infine, l’ultimo arresto del “Maronino” prima della sua fucilazione il 30 agosto 1944, di cui abbiamo pubblicato le matricole 9678 d’entrata ed uscita dal carcere di San Giovanni in Monte nel §. 5.2. si verificò tra il 2 ed il 30 marzo 1944, in seguito all’esplosione di una bomba all’Ufficio dello Stato Civile di Persiceto (8). Anche in quella occasione furono arrestati con lui quasi tutti gli altri antifascisti già fermati in occasione dell’attentato a Facchini, tranne G. Veronesi.

(5) In Giuseppe Veronesi Il triangolo della morte, San Giovanni in Persiceto 1970, pagg. 32-39. Una selezione di parti della sua testimonianza, anche in (6), pagg. 300-303.

(6) In in Fascismo e Antifascismo, Guerra, Resistenza e Dopoguerra nel Persicetano. Materiali editi e inediti per la storia del venticinquennio 1919-1945, 1995, a cura di Mario Gandini, pag. 300.

(7) Vedi il suo testo, cit. in nota 5, alle pagg.47-54, nel capitoletto “Processo e carte scoperte”.

(8) In Giuseppe Veronesi Il triangolo della morte, San Giovanni in Persiceto 1970, pagg. 41-42.

L’arresto del 29 agosto 1944

E’ la testimonianza di Pia Serra (8), a permetterci di ricostruire le ultime ore di Bussolari, prima di finire vittima del meccanismo repressivo fascista.

La notte prima della sua fucilazione, avvenuta il 30 agosto 1944, eravamo in casa, a letto e verso le ore 22 sentimmo bussare forte alla porta (…).

Mio marito, che aveva intuito che si trattava di fascisti, mi disse di andare ad aprire altrimenti quelli avrebbero sfondato la porta. Scesi le scale ed andai ad aprire. Erano tre militi in divisa, armati e con le pistole in pugno. Mi intimarono di accompagnarli di sopra e a mio marito dissero subito di uscire con loro senza dare alcuna spiegazione.A me intimarono di stare zitta e tranquilla, altrimenti avrebbero preso dei provvedimenti anche nei miei riguardi. A mio marito non restò che ubbidire. Si vestì in fretta e li seguì. Le sue ultime parole che mi rivolse prima di lasciarmi, e non sentii mai più la sua voce, furono queste :”Pia, stai calma e vedrai che ritorno presto, perché non ho commesso nulla di male”. Al mattino, verso le 8, andai alla caserma dei carabinieri per portare la colazione a mio marito. I militi che erano presenti mi dissero che era stato portato ”a fare colazione a Bologna”. Non mi preoccupai eccessivamente perchè già altre volte era stato arrestato e portato a Bologna ma sempre, dopo un certo numero di giorni, veniva rilasciato e tornava a casa.Quella volta, invece, non è più tornato.(…)”

Come sappiamo, quella mattina stessa il Maronino veniva fucilato al Poligono di Tiro di Bologna con gli altri undici antifascisti. Pia Serra aggiunge che “della sua avvenuta fucilazione, nessuna autorità, né civile, né militare si degnò di darmene comunicazione”. Dopo alcuni giorni furono suoi parenti, che avevano letto il giornale, a dargliene informazione. Dopo 4-5 giorni dalla rappresaglia, a sera tardi quattro militi, tre sconosciuti ed uno col volto coperto, le entrarono in casa e le portarono via “biancheria, coperte, soldi e oro”, intimandole di non riferirlo a nessuno. Per timore, Pia Serra non denunciò l’accaduto.

Il Maronino affrontò la morte con coraggio e dignità, come testimoniò Luigi Vecchi (ibidem), che riportò la testimonianza di un ufficiale tedesco a conoscenza dei fatti. Il Maronino anche di fronte al plotone d’esecuzione protestò la sua innocenza e denunciò l’assurdità della sua fucilazione, voluta soprattutto dagli italiani, nonostante le perplessità dei tedeschi per la morte di una persona di cultura e senza colpe.

Il cadavere di Bussolari, fotografato da Filippo d'Ajutolo, all'interno del fondo fotografico amonimo, depositato presso l'Istituto Parri, oggi non più online (perchè ?)
Il cadavere di Bussolari, fotografato da Filippo d’Ajutolo, all’interno del fondo fotografico omonimo, depositato presso l’Istituto Parri, oggi non più online (è un documento storico, come le foto dei lager. Perchè ?)

 

(8) In Racconti di una comunità. Persicetani caduti nella Resistenza nel 60° della Liberazione , San Giovanni in Persiceto 2005 a cura di William Pedrini, pag. 129.

 

 

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