La caccia agli antifascisti nel Persicetano.

Subito dopo il rinvenimento del cadavere di Elio Zambonelli, le brigate nere (BBNN) si misero a cercare casa per casa gli antifascisti persicetani più noti, in paese e nella zona attorno. Rimase inascoltato l’appello della vedova, Maria Funi, che aveva pubblicamente chiesto che non fosse versato altro sangue.

Furono arrestati Bussolari Gaetano, detto “il Maronino” di San Giovanni Persiceto, strappato alla famiglia dopo appena 4-5 mesi dalla sua ultima scarcerazione da San Giovanni in Monte (avvenuta il 30-3-1944). Nonostante fosse un uomo ormai anziano e stanco, egli continuava a rimanere nel mirino dei fascisti, arrestato ad ogni evento fuori le righe (fu fermato con una trentina di altri anche in seguito all’attentato di Facchini, ma in quell’occasione tutti vennero rilasciati) (1).

La matricola in entrata di Gaetano Bussolari, in occasione dell'ultimo arresto a San Giovanni in Monte. Foto nostra.
La matricola in entrata di Gaetano Bussolari, in occasione dell’ultimo arresto a San Giovanni in Monte. Foto nostra.
Matricola in uscita, in data 30-3-'44, di Bussolari dal carcere di Bologna.Foto nostra.
Matricola in uscita, in data 30-3-’44, di Bussolari dal carcere di Bologna.Foto nostra.

 

Assieme all’amico Gaetano Bussolari, fu messo agli arresti anche Don Manete Tomesani, che tuttavia riuscì in seguito a fuggire dalla camera di sicurezza del carcere di San Giovanni in Persiceto, avendo chiesto ed ottenuto di poter celebrare la messa e che, vestito in borghese, si potè dileguare dal paese, trovando ospitalità in un monastero di Bologna, dove rimase nascosto fino alla fine della guerra. Egli raccontò poi la vicenda in un suo opuscolo in memoria dell’amico Bussolari nel dopoguerra (2).

Vennero arrestati anche il dott. Vincenzo Vecchi e il fabbro Marino Bondi, che furono poi rimessi in libertà. Mentre Gaetano Bencivenni, che era stato sorpreso in casa in pantaloni corti, chiese di salire in camera per vestirsi ed ottenuto il permesso, ne approfittò per  gettarsi dalla finestra, mettendosi in salvo a Sala Bolognese, dove trovò una sistemazione alla  Todt.

Un altro antifascista persicetano, Arduino Guidi, che col Maronino aveva fatto parte della trentina di uomini arrestati e minacciati di esecuzione capitale già in occasione dell’attentato al federale di Bologna Facchini,  saputo che lo stavano cercando, preferì suicidarsi, impiccandosi.

La cattura e le esecuzione dei fratelli Pietrobuoni

Era invece già  in carcere (probabilmente la stessa camera di sicurezza di Bussolari e Don Tomesani a San Giovanni Persiceto)  Agostino Pietrobuoni, capolega di S. Agata Bolognese, a lungo vissuto in esilio in Francia, che era stato arrestato la notte tra il 26 e il 27 agosto presso la famiglia Suozzi, in via Montirone, nel comune di San Giovanni in Persiceto, dove aveva trovato rifugio -salvato dai compagni di lotta- dopo l’arresto del fratello Quinto e di altri due santagatesi, che furono fucilati tutti e tre sotto la torre nella piazza di S.Agata Bolognese il 26 agosto 1944 (3).

Quinto era stato sorpreso a tarda sera del 17 agosto 1944 in un fienile di via Bosca, era stato arrestato assieme a Giovanni Barbieri e Medardo Bettini, rispettivamente suocero e genero, che abitavano nella casa colonica vicina.I tre furono condotti a Crevalcore, dove furono barbaramente torturati per estocere loro informazioni sui partigiani del territorio.Nonostante la mobilitazione delle famiglie e del parroco Don Fortuzzi presso la BN di Crevalcore, la sentenza di morte fu eseguita, come da ordine del Comando S.S. di Bologna. Trasferiti in furgone a S. Agata verso le 8,30 del mattino,  furono portati in Comune e di lì nel centro del paese, dove un plotone comandato da Walter Pincella, nonostante le rassicurazioni date ancora dal reggente Natale Morten alle famiglie e alle due mogli di Bettini e Barbieri, falciò a colpi di mitra i condannati. Il dott. Casolari, convocato appositamente, costatò  la morte di Bettini e Barbieri, mentre Pietrobuoni, che ancora rantolava a terra, venne finito con alcune raffiche alla testa da un milite. Il parroco si oppose alla volontà di lasciare esposti sul luogo i cadaveri, li fece deporre nelle bare e li accompagnò al cimitero.

L'ordine di fucilazione di Quinto Pietrobuoni, Bettini e Barbieri. Comune S.Agata B.
L’ordine di fucilazione di Quinto Pietrobuoni, Bettini e Barbieri. Comune S.Agata B.
L'ordine tedesco, allegato al documento a fianco. Comune di S.Agata B.
L’ordine tedesco, allegato al documento a fianco. Comune di S.Agata B.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Agostino Pietrobuoni, dopo l’arresto di Quinto, Bettini e Barbieri, con l’aiuto di Ildebrando Campagnoli e Bruno Zambelli, fu allontanato dalla zona e condotto in una base più sicura. Era ormai un uomo anziano e quasi cieco, che aveva bisogno di essere guidato. Verso il 20 di agosto giunse in casa Suozzi a Persiceto, dove rimase fino al 26 in attesa di un altro spostamento di sicurezza. Ma durante la notte, ormai all’1.00  del 27, fu arrestato nel corso di un rastrellamento effettuato nei dintorni. Sua cugina Emilia si recò a San Giovanni in Persiceto per chiedere di vederlo nelle carceri locali, ma seppe che era già stato trasferito a Bologna : il comando delle BBNN del ten. Morten lo aveva già consegnato nelle mani di Tartarotti (4). A Bologna il 30 agosto fu processato, condannato a morte e con gli altri undici subì la pena capitale, come già sappiamo.

Pietrobuoni Agostino. Fondo Fotografico ANPI, Istituto Parri, Bologna.
Pietrobuoni Agostino. Fondo Fotografico ANPI, Istituto Parri, Bologna.

 

Del gruppo da giustiziare avrebbe dovuto far parte anche Rinaldo Veronesi (“Giuseppe”), di Calderara di Reno, commissario politico della 63ª Brigata Bolero Garibaldi, che era stato ricoverato all’ Ospedale Civile di San Giovanni Persiceto dopo uno scontro a fuoco con le Brigate Nere, avvenuto il 24 luglio del ’44.

La squadra di Tartarotti, infatti, si presentò all’Ospedale per prelevarlo. Furono le autorità sanitarie in quell’occasione a impedire che fosse portato via, considerate le gravi condizioni di salute in cui versava.

 

Giocondo Musi, altra vittima della rappresaglia. Foto Istituto Parri Bologna.
Giocondo Musi, altra vittima della rappresaglia. Foto Istituto Parri Bologna.
Luciano Bracci, fucilato il 30-8-'44 con gli altri. Foto Istituto Parri Bologna.
Luciano Bracci, fucilato il 30-8-’44 con gli altri. Foto Istituto Parri Bologna.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note :

(1) In Fascismo e Antifascismo,Guerra, Resistenza e Dopoguerra nel Persicetano.Materiali editi ed inediti per la storia del venticinquennio 1919-1945. A cura di Mario Gandini.Comune di San Giovanni in Persiceto (1995).

(2) Una testimonianza di Don Manete Tomesani è compresa nel vol. 1 de La Resistenza a Bologna, pag. 427. Il resto si trova in un opuscolo Alla memoria di Gaetano Bussolari (Maronino). Mesto tributo di amicizia, S. Giovanni in Persiceto, 30 agosto 1945, ristampato a Bologna, 1964, dello stesso D. Manete Tomesani.

(3) In Fascismo e Antifascismo,Guerra, Resistenza e Dopoguerra nel Persicetano.Materiali editi ed inediti per la storia del venticinquennio 1919-1945. A cura di Mario Gandini.Comune di San Giovanni in Persiceto (1995), che riporta la stessa testimonianza di Ettore Suozzi, pubblicata in L.Bergonzini La Resistenza a Bologna, vol V, pagg.758-759, dando una precisa indicazione di correzione temporale del mese in cui i fatti avvennero, spostandoli dal “maggio”, presente nel testo di Bergonzini,  ad “agosto”.

(4) In Renato Campagnoli  Cronache del movimento operaio e contadino di S.Agata Bolognese 1860-1945. Bologna, 1985, pagg. 81-110.

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