Le cause della rappresaglia

Secondo una fonte (1), che è espressione di ambienti limitrofi alla Chiesa (interessata da vicino ai fatti-come abbiamo visto-), ma di cui non abbiamo trovato riscontri altrove, all’origine della rappresaglia del 20/9/’44 ci sarebbero contemporaneamente dei tafferugli avvenuti ai primi del mese in via Derna a Bologna, in cui erano morti alcuni fascisti repubblicani, e altri disordini accaduti qualche giorno dopo a Vignola, che avevano provocato vittime tra i tedeschi.

Via Derna era una delle strade del quartiere cosiddetto della “Cirenaica” di Bologna, situato nei pressi del ponte di via Libia (appunto), verso l’ospedale S. Orsola, caratterizzato -negli anni che ci interessano- da una toponomastica celebrativa delle conquiste coloniali italiane, che oggi in parte non esiste più, sostituita piuttosto da nomi di vie che ricordano vittime della lotta di liberazione, per esempio via Derna è diventata via Sante Vincenzi, via Bengasi oggi si chiama via Giuseppe Bentivogli, dal nome di partigiani che persero la vita a Bologna negli ultimi giorni del regime di Salò.

Allora, tuttavia, la Cirenaica era una zona sensibile nell’organizzazione della Resistenza bolognese: abbiamo già detto che in via Bengasi dalla primavera del ’44 era stata stabilita la sede del CUMER, mentre dobbiamo aggiungere che sempre lì era stata collocata una delle tre tipografie clandestine di fogli comunisti stampati a Bologna.

Entrambe le sedi erano frequentate da alcuni degli uomini più in vista della lotta partigiana, a partire da Ilio Barontini (“Dario”), a capo del CUMER, con tutto il resto del gruppo dirigente, per finire al gruppo di redazione e stampa delle principali testate clandestine diffuse, di cui uno dei maggiori attivisti era Bugatti Lanfranco, “Franco”, che “curiosamente” rimanda al nome di due arrestati di settembre, tenuti reciprocamente isolati a San Giovanni in Monte, di cui abbiamo raccontato parte della storia più avanti al §7.9.: quei Bugatti Alberto e Franco (!), rispettivamente padre e figlio, catturati separatamente a Bologna, residenti in via San Felice (dove tra l’altro aveva avuto sede un’altra stamperia clandestina di Bologna, poi chiusa), che saranno coinvolti in questa stessa rappresaglia, il padre essendo stato compreso tra i giustiziati al Poligono il 20/9/’44 assieme alle altre dieci vittime finora accertate.

Si potrebbe pensare dunque a qualche soffiata che spinse in settembre i gendarmi repubblicani e germanici verso zone e persone in effetti legate alla Resistenza da reprimere, coinvolte nella controinformazione clandestina, seppur con svarioni nelle identificazioni personali e nei risultati.  Autentici “tipografi” partigiani invece saranno vittime della rappresaglia successiva, quella del 30 settembre.

Comunque, ebbe sicuramente un ruolo nel determinare la rappresaglia del 20/9, sia per fascisti sia per tedeschi,  anche l’accumulo di rabbia e sete di vendetta per i ripetuti attentati subiti nel corso del mese di settembre da parte dei gappisti, che si andavano a sommare a quelli, già pesanti, dell’estate. Citiamo i più rilevanti, ricavati dal quotidiano cittadino Il Resto del Carlino, che comunque se dette conto di parecchi colpi subiti dai fascisti, fu sempre molto parco nel fornire notizie di vittime o smacchi tedeschi, tenuti ben coperti o censurati alla fonte da questi ultimi.

Il 7 settembre il Carlino segnalava tre fatti di sangue diversi : 1) l’ uccisione in un paese della Bassa di Mario Caliceti, fratello dell’ex-federale di Bologna, Vittorio; 2) quella di tre agenti di polizia : di Ninuccio Jannarone in un episodio, e di altri due della Polizia Ausiliaria, Marino Venturi e Gino Romagnoli, in un altro analogo, durante il quale erano stati prelevati da un’auto, trasportati in un luogo nascosto nei pressi di Via Riva Reno, malmenati poi uccisi e abbandonati cadavere; 3) infine il grave ferimento dell’ufficiale della G.N.R. Armando Allegretti in via Carbonesi a Bologna, di cui il giorno dopo, l’8 settembre,  lo stesso quotidiano comunicava il decesso, aggiungendo che nella zona di Argelato anche altri due giovani militi erano stati uccisi, Cesarino Rombi e Rino Bonani, dedicando però lo spazio maggiore della cronaca all’attentato che il 6/9 a Ponte Ronca era costato la vita al capitano della G.N.R. Attilio Pappalardo, fascista della prima ora, iscritto al partito fin dal 1° marzo’19, partecipante alla Marcia su Roma, tra i fondatori del fascio di Bologna, promotore dell’Associazione Arditi d’Italia, arruolato nella Milizia dal ’31, poi passato negli ultimi tempi alla G.N.R. provinciale proveniente dalla Contraerea, alla cui memoria da questo momento verrà intitolata la 3a Brigata Mobile delle BBNN di Franz Pagliani. Il 12 settembre il Carlino informava poi della morte del milite Luigi Danesi, avvenuta il 9/9, nel corso di uno scontro a fuoco in via Saffi tra BBNN e un gruppo di “fuori-legge” travestiti da militari, che viaggiavano su due auto dirette al centro città. Questo comunicato terminava dicendo che a seguito di ciò “da parte del comando delle BBNN erano state adottate misure di giustizia.”

Poi, forse il trafiletto più interessante è quello pubblicato il 17 settembre, titolato “Ultimo monito ai sabotatori” firmato da Der SS und polizeiführer Oberitalien West, che riportiamo qua sotto, in cui però non si fa cenno ancora una volta a cosa abbia esasperato le forze germaniche. La risposta che avranno da lì a tre giorni però la conosciamo: sarà l’esplosione della polveriera di Villa Contri.

Articolo del "Carlino" di domenica 17 settembre 1944 con "L'ultimo monito ai sabotatori" dei Tedeschi.
Articolo del “Carlino” di domenica 17 settembre 1944 con “L’ultimo monito ai sabotatori” dei Tedeschi.https://www.storiaememoriadibologna.it/files/giornali/1944_09_12_carlino.pdf

 

Dal 18 settembre fin quasi a fine mese al centro dell’informazione sul quotidiano cittadino ci saranno prevalentemente solo i provvedimenti repressivi nazifascisti, anche a carico dei loro, come quello per l’ex-camicia nera Giuseppe Gullotta, giustiziato per diserzione, rapina a mano armata con abuso di qualifica ed uniforme.

(1) http://www.bibliotecapersicetana.it/node/183 si legge : «Ai primi di settembre del 1944 in via Derna, a Bologna, avvenne un tafferuglio abbastanza serio fra partigiani e brigate nere, e queste ebbero a lamentare alcuni morti. Alcuni giorni dopo anche nei pressi di Vignola tedeschi e partigiani si azzuffarono e da ambe le parti si lamentarono vittime.  Immediata e crudele è la ritorsione

 7.5.1. La polveriera di Villa Contri

 E’ invece piuttosto controversa, più che altro per una questione di tempistica, l’ipotesi di collegare la rappresaglia del 20 settembre ’44 all’attentato della 7a Gap a villa Contri, alla Croce di Casalecchio, sicuramente il fatto più clamoroso intervenuto in città in quei giorni

Il complesso di Villa Contri.
Il complesso di Villa Contri.

 

Villa Contri nel ’44 aveva alle spalle una storia antica : esistente fin da inizio ‘800, quando era un forte, cioè un bastione difensivo isolato, dal 1859 entrò invece a far parte di una articolata cintura difensiva creata attorno alla città,  formata da 9 forti, 7 lunette (postazioni fortificate), trincee, terrapieni, ecc. Con l’unità d’Italia la struttura protettiva della città fu smantellata ed allora Villa Contri si trasformò in uno stabilimento militare per la produzione di armi, che nel corso della I guerra mondiale, in assenza di uomini impegnati al fronte, impiegò fino ad un centinaio di donne nella lavorazione e recupero di proiettili da fucile. Questo anche durante il II conflitto mondiale, quando Villa Contri diventò nel contempo deposito di materiale esplosivo, da cui la denominazione di “polveriera Villa Contri”. Dopo l’8 settembre fu occupata dai nazisti e perciò divenne obiettivo militare importante anche per la Resistenza, che con l’assalto del 20 settembre’44 la distrusse una volta per tutte.

http://badigit.comune.bologna.it/ Villa Contri. Uscita della maestranza femminile.
http://badigit.comune.bologna.it/ Villa Contri. Uscita della maestranza femminile.

 

La maggior parte delle fonti (2 e 3), colloca l’attentato alle ore serali del 20/9, cioè a rappresaglia avvenuta, tuttavia due (4 e 5), autorevoli, con precisione e senza le incertezze che suscitano le altre, affermano che l’esplosione della polveriera tedesca avvenne nella notte tra il 19 e il 20 settembre 1944 : se così fosse, tutto ci apparirebbe più plausibile e proporzionato, anche in considerazione della successione di altre fucilazioni di settembre, il 23/9, il 30/9 con numeri consistenti di vittime e tra il 26 e il 29 altre vittime alla spicciolata in fucilazioni (per il momento) solo individuali.

Villa Contri. Pulitura di cartucce avariate. https://www.storiaememoriadibologna.it/prima-guerra-mondiale/collezioni-digitali/fotografie-della-prima-guerra-mondiale/
Villa Contri. Pulitura di cartucce avariate. https://www.storiaememoriadibologna.it/prima-guerra-mondiale/collezioni-digitali/fotografie-della-prima-guerra-mondiale/

 

Plausibile, se pensiamo ai promotori della rappresaglia, cioè i tedeschi delle SS, che ci immaginiamo chiamati a deciderla solo se colpiti gravemente e direttamente, come sarebbe in questo caso.

Proporzionata per il danno in cose e uomini subito, cha a seguito dell’attentato a villa Contri fu davvero ingente, benchè si possano solo supporre o valutare approssimativamente le conseguenze negative riportate dai Tedeschi, non essendovi notizia certa quanto a numero di vittime, mentre ci appaiono evidenti i danni concreti subiti dall’ apparato militare delle forze germaniche in Italia.

Polveriera-di-Villa-Contri-Bologna-Recupero-di-caricatori-per-cartucce-
Polveriera-di-Villa-Contri-Bologna-Recupero-di-caricatori-per-cartucce-

 

(2) https://storiedimenticate.wordpress.com/2012/09/20/lassalto-a-villa-contri-20-settembre-1944/

(3) https://www.storiaememoriadibologna.it/assalto-a-villa-contri-83-

(4) Giancarlo Grazia “L’assalto partigiano alla polveriera “Villa Contri”su : http://anpi.it/media/uploads/patria/2015/22-24_GRAZIA_n.9-10_2014.pdf

(5) Su http://www.storiaxxisecolo.it/resistenza/resistenza6c.htm a cura di Gastone Malaguti in “Le azioni della 7° Gap a Bologna nel periodo della Resistenza”.

 

7.5.2. L’assalto alla polveriera

 Dunque, consapevoli di prendere le distanze dalla testimonianza di “Nerone”(Nazzareno Gentilucci, comandante della 7a Gap), che vedremo si allontana dalla versione di Grazia anche in altri punti significativi, noi propendiamo per la notte tra il 19 e il 20 come momento dell’azione, quando viene attuato il piano di chi aveva ideato questo tentativo, dopo quello andato a vuoto nel febbraio ’44, cioè Ildebrando Brighetti, “Brando”, responsabile militare della IV zona bazzanese, poi 63a brg.Bolero Garibaldi. Strategico per la riuscita del piano era però “Moretto”, cioè Ubaldo Musolesi, oggi diremmo l’inside man, l’uomo che poteva guidare dall’interno l’azione e prepararla, perché magazziniere civile a Villa Contri, che si era offerto di collaborare coi partigiani per vendicare la morte di tre fratelli, fucilati dai tedeschi per rappresaglia a Monghidoro l’11 agosto ’44.

http://badigit.comune.bologna.it/
http://badigit.comune.bologna.it/

 

Poco prima della mezzanotte un camion a luci spente con due autisti e un gruppo di uomini nascosti sul cassone si fermò al cancello della polveriera. I due autisti erano i soliti Dante DrusianiTempesta” e “TerremotoVincenzo Toffano, vestiti da tedeschi -era una loro specialità-. Ad accoglierli si presentarono solo militi repubblicani, nessun militare germanico. I due giovani della 7a Gap Gianni Garibaldi recitarono per un po’ la parte dei tedeschi, finsero di cercare documenti, poi scesero rapidamente dal mezzo, neutralizzarono i soldati italiani, strapparono loro le armi e si avviarono ad entrare, mentre al loro posto, alla guida del camion era subentrato il “Moretto”, Ubaldo Musolesi, che districandosi nella vasta area tra capannoni, tettoie e casematte, guidando gli altri, raggiunse l’edificio nel quale in precedenza aveva depositato armi e munizioni. Il primo obiettivo dell’azione era infatti il rifornimento di armi agli uomini della Resistenza. Fu un’operazione lunga e faticosa, che riuscì solo perché il bottino era stato preparato prima.

Villa Contri. Deposito di armi.https://www.storiaememoriadibologna.it/prima-guerra-mondial/collezioni-digitali/fotografie-della-prima-guerra-mondiale/
Villa Contri. Deposito di armi. https://www.storiaememoriadibologna.it

 

Dopodichè in tre, “Moretto“, “Tempesta” e “Terremoto“, si avviarono verso la santabarbara  di Villa Contri, dove era già stato collocato un ordigno esplosivo e dettero fuoco alla miccia, poi si allontanarono rapidamente per non essere investiti dall’esplosione. Gli altri partigiani che avevano partecipato al blitz, una ventina di uomini in tutto tra sappisti e gappisti, che erano entrati nella Villa ed avevano tenuto sotto controllo la zona e le vie attorno, mentre il camion pieno di armi e munizioni veniva portato alla destinazione prevista, nascosto tra gli alberi del parco di una casa vicina, usciti e a distanza di sicurezza attesero che si verificasse l’esplosione, che però non ci fu.

Villa Contri. Confezione cariche da 149. https://www.storiaememoriadibologna.it/prima-guerra-mondial/collezioni-digitali/fotografie-della-prima-guerra-mondiale/galleriafoto/29077?galid=3
Villa Contri. Confezione cariche da 149. https://www.storiaememoriadibologna.it/

 

A partire da qui le versioni divergono ancora : secondo Grazia, Drusiani e Toffano erano rientrati alla base, vicina una mezz’oretta di camminata svelta, ed avevano avvisato “Nerone” della loro intenzione di ritentare il colpo e benchè egli cercasse di convincerli a non fare quella che considerava una pazzia, essi tornarono rapidamente sul luogo, dove non trovarono sorveglianza né tedesca né repubblicana e riuscirono a dar  fuoco alla miccia, stavolta senza fare cilecca. Sulla strada vennero sbalzati a terra dallo spostamento d’aria provocato dall’esplosione, che innescò poi in successione altre esplosioni nei depositi vicini, dove c’erano altre armi, bombe, munizioni. Gli scoppi proseguirono tutta la notte, illuminando a giorno quella parte di città, e continuarono anche il giorno successivo, facendo schizzare proiettili, schegge e frammenti infuocati anche a notevole distanza, fino in via Battindarno. Fu dato il segnale di allarme aereo, che poi fece gioco per tedeschi e fascisti ad avvalorare la versione che fu data in un primo momento : di  un’esplosione provocata d una bomba nemica o dal solito famigerato aereo da ricognizione inglese “Pippo”, autore di incursioni solitarie e distruttive sul territorio bolognese.

Interni di Villa Contri. Operai al lavoro.http://badigit.comune.bologna.it/
Interno di Villa Contri. Operai al lavoro. http://badigit.comune.bologna.it/

 

La versione di “Nerone” indica invece una base di ritorno (via Zamboni) per Tempesta e Terremoto a due ore di distanza in una testimonianza e a un’ora di distanza in un’altra ancora, inoltre afferma che quando i due tornarono alla Villa la trovarono piena di tedeschi e fascisti, ma poterono portare a termine l’azione grazie alle divise naziste che indossavano, che li fecero passare inosservati.

Le azioni di “Tempesta” e “Terremoto” sono ormai diventate leggenda partigiana, mitologia resistenziale, e nei racconti sul filo della memoria che poi ne hanno fatto i loro compagni oggi ci appaiono il più delle volte come sceneggiature di film, piuttosto che pezzi di una realtà invece cruda e terribile.

La foto più conosciuta dei due giovani Tempesta e Terremoto : Dante Drusiani e Vincenzo Toffolo.
La foto più conosciuta dei due giovani eroi della nostra liberazione, entrambi Medaglie d’oro al valor militare “Tempesta” e “Terremoto” : Dante Drusiani e Vincenzo Toffano.

 

La loro giovinezza, ricordiamo che avevano 19 e 18 anni, avvolge con un luminoso alone misto di romanticismo, guasconeria e temerarietà le loro imprese, che tuttavia ebbero come contesto reale un periodo violento e buio della nostra storia di cui anch’essi fecero parte. La loro morte per fucilazione sui calanchi di Sabbiuno nel dicembre del ’44, cioè tre mesi dopo, e quella dell’altro protagonista di quest’impresa, Musolesi Ubaldo, ucciso venti giorni dopo, il 10 ottobre ’44, colpito da proiettili e impiccato con fil di ferro insieme agli altri della brigata Bolero, lasciato esposto cadavere per giorni nella piazzetta a lato del ponte ferroviario di Casalecchio, ci restituiscono la più attendibile dimensione tragica degli eventi di cui furono parte.

Solo il 3 ottobre dopo, in un breve trafiletto, il “Carlino” riferì molto vagamente la notizia dell’esplosione, non indicando né luogo, né nome della struttura distrutta, precisandone però la data, che ci conforta : 19 settembre, in tempo sufficiente -secondo noi- per determinare la rabbiosa reazione nazifascista e quindi la rappresaglia.

Articolo del "Carlino".
Articolo del “Carlino” citato, del 3 ottobre 1944.

 

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