Salvatore Bagattoni, il professore di Lettere.

Salvatore Bagattoni. In "Il Professor Salvatore Bagattoni, mio padre, martire del nazismo" di Pier Giorgio Bagattoni, Nanni editore.
Salvatore Bagattoni. In “Il Professor Salvatore Bagattoni, mio padre, martire del nazismo” di Pier Giorgio Bagattoni, Nanni editore.

 

Salvatore Bagattoni nacque il 4 febbraio 1910 a Forlì, in una famiglia di coloni romagnoli che lavoravano un podere di loro proprietà, situato a San Martino di Villafranca, a poco meno di 8 Km dal capoluogo. Il padre, Amedeo, e la madre, Maria Pini, ebbero otto figli, sei maschi e due femmine: Salvatore, il primogenito, Aldo, Leopoldo, Vincenzo, Guglielmo, Pasqua e Fausta.

Benchè la famiglia fosse numerosa e di modeste condizioni sociali, il primogenito poté proseguire gli studi entrando in seminario, dove ultimò le superiori di indirizzo classico, quindi si iscrisse all’Università di Bologna, laureandosi il 5 settembre 1940 ed abilitandosi subito dopo all’insegnamento in Lettere. La famiglia, che era molto osservante ed annoverava al suo interno uno zio prete, Monsignore Romeo Bagattoni (a cui oggi è intitolata una via proprio in località San Martino di Villafranca, studioso di storia locale ed agiografo), desiderava che anche il figlio maggiore scegliesse la via del sacerdozio, ma Salvatore, nonostante la profonda religiosità che lo contraddistinse per tutta la vita, non prese i voti, anzi una volta uscito dal seminario, si sposò con Maria Giuseppa Triossi, suscitando la delusione dei parenti, ma soprattutto delle due zie paterne, Mariuccia e Malvina, perpetue di Mons. Romeo, allora parroco di Ravaldino.

Bagattoni e la moglie. In "Il Professor Salvatore Bagattoni, mio padre, martire del nazismo" di Pier Giorgio Bagattoni, Nanni editore.
Bagattoni e la moglie. In “Il Professor Salvatore Bagattoni, mio padre, martire del nazismo” di Pier Giorgio Bagattoni, Nanni editore.

 

Forse proprio per l’ostilità mostrata dai familiari verso il suo matrimonio, Salvatore e sua moglie decisero di andare a vivere a Coccolia, in una casa sulla via Ravegnana al n°. 86, di proprietà della madre della sposa, Antenisca Mazzetti. Lì nacquero due dei tre figli della coppia, il maggiore Amedeo, nel ’38, e la minore Tiziana, nel ’41, mentre il figlio di mezzo, Giorgio (1), nacque nel ’39 a Mercato Saraceno, dove la famiglia si trasferì a vivere per un anno circa, quando a Salvatore fu assegnato un incarico di insegnamento nel paesino sull’Appennino romagnolo.

Uomo di cultura, stimato per le capacità dialettiche e la passione per le lingue greca e latina di cui fu ottimo traduttore, pur privilegiando l’educazione classica e la letteratura, in quegli anni il prof. Salvatore Bagattoni si trovò ad insegnare spesso Cultura Fascista, materia di routine sotto il regime, prevista ed enfatizzata dai programmi ministeriali dell’epoca. Ad essa dedicò anche conferenze pubbliche in convegni a ciò dedicati, benché la sua personale visione prettamente religiosa finisse sempre per insinuarsi nelle maglie dei suoi discorsi. La fede cattolica fu coltivata sempre, pure attraverso l’impegno assiduo nei pellegrinaggi a Lourdes, dove anche come semplice barelliere continuò per anni a prestare la sua opera.

Da sinistra : Il sig. Adamilami, ex-proprietario di Villa Alma, Don Geremia Saporetti, rettore di Coccolia per 45 anni, infine il Prof. Salvatore Bagattoni.In "Il Professor Salvatore Bagattoni, mio padre, martire del nazismo" di Pier Giorgio Bagattoni, Nanni editore.
Da sinistra : Il sig. Adamilami, ex-proprietario di Villa Alma, Don Geremia Saporetti, rettore di Coccolia per 45 anni, infine il Prof. Salvatore Bagattoni.In “Il Professor Salvatore Bagattoni, mio padre, martire del nazismo” di Pier Giorgio Bagattoni, Nanni editore.

 

La sua personale presa di distanza dal fascismo maturò verso la fine degli anni trenta, innanzitutto a causa dell’alleanza stipulata da Mussolini con Hitler, poi soprattutto in seguito alla emanazione anche in Italia delle leggi razziali nel ‘38. Fu in questa circostanza che Salvatore Bagattoni si rifiutò di rinnovare l’iscrizione al Partito Fascista e in conseguenza di ciò le condizioni della sua famiglia si modificarono sensibilmente. Fu licenziato dalla scuola nella quale era in servizio e per mantenere la famiglia dovette industriarsi a gestire in proprio il suo lavoro. Si adattò a dare lezioni private nella sua casa di Coccolia a giovinetti che per la guerra avevano difficoltà a spostarsi per raggiungere istituti statali, preparare esami e sostenere la propria formazione.

Mantenendosi fedele alla sua coscienza, entrò così però nel novero delle persone invise al regime, considerate antifasciste e perciò pericolose di per sé stesse, che prendessero parte attiva o meno al movimento della Resistenza. In effetti la questione dell’appartenenza alle formazioni partigiane della zona da parte del Prof. Bagattoni appare piuttosto controversa. Amico di Benigno Zaccagnini, vicino alle posizioni cattoliche, che ad un certo punto furono giudicate pericolose ed ostili dal regime e dai tedeschi, vedi §7.3.17.3.2., forse bastò in realtà solo questo per fare di lui un obiettivo ed una vittima della repressione nazifascista. Ma c’è chi avvalla l’ipotesi (2) che egli fosse in contatto con i gruppi “autonomi” di antifascisti, presenti nel suo territorio, quali radicali, mazziniani storici, repubblicani, tutti comunque afferenti alla 28a Brigata,  forse per il tramite di Tonino Spazzoli (3), prima che questi venisse a sua volta trucidato il 19 agosto 1944, un mese prima circa dell’arresto del professore. Oggi ad ogni modo il professor Bagattoni risulta inserito al posto n. 384 dell’elenco dei partigiani ravennati (vedi http://www.disci.unibo.it/it/biblioteca/fondi-1/partigiani), con riconoscimento di appartenenza alla 28a  Brigata Garibaldi “Mario Gordini” dal 1-06-’44 al 1-09-’44.

9.4.1. La spiata e l’arresto

Nel mirino delle autorità, a detta di alcuni ricercato senza che ai suoi occhi ci fossero motivi per doversi nascondere, si fece tuttavia convincere ad allontanarsi da Coccolia, cercando rifugio in un primo momento dai suoi familiari, nel paese natale di S. Martino di Villafranca, ma ciò ingenerò con alcuni parenti tensioni forse per ragioni politiche, forse per la paura dei rischi a cui questa pericolosa ospitalità esponeva. Allora accettò l’offerta dello zio Achille, in famiglia Chilò, che abitava nello stesso paese, ma in altra abitazione, che lo sistemò nel suo fienile. Lì Torino, come Salvatore Bagattoni era affettuosamente soprannominato dallo zio e in famiglia, rimase fino al settembre ’44, quando la nostalgia per la moglie e i suoi bambini, lo spinse una sera a recarsi in bicicletta a Coccolia per vederli. Sicuramente una spiata mise i tedeschi sull’avviso della sua presenza e non passò una mezz’ora dal suo arrivo che alcuni militari germanici, tra cui un “triestino” ricordato dal figlio Giorgio come violento e prepotente, armati di mitra, irruppero in casa e intimarono al professore di seguirli.

Il Professor Bagattoni con la moglie e un figlio.In "Il Professor Salvatore Bagattoni, mio padre, martire del nazismo" di Pier Giorgio Bagattoni, Nanni editore.
Il Professor Bagattoni con la moglie e un figlio.In “Il Professor Salvatore Bagattoni, mio padre, martire del nazismo” di Pier Giorgio Bagattoni, Nanni editore.

 

Una questione ancora aperta è l’identificazione dell’autore della spiata, che consegnò nelle mani dei nazisti il Prof. Bagattoni. Sono diverse le versioni che circolarono in proposito : in un primo momento si incolpò una ragazzina quindicenne, rimasta sconosciuta, di cui però non si colsero le motivazioni; in alternativa, si indicò come responsabile una zia acquisita, per invidie non ben specificate ; in terza istanza ci fu chi sostenne che a denunciarlo furono le “spaccine”-titolari di un negozio di tabaccheria- di fede fascista, che furono rapate a zero per collaborazionismo. Infine il figlio Giorgio riporta quel che divenne la convinzione familiare, cioè che fu il giardiniere della villa Pasolini Dall’Onda a segnalarlo alle autorità. Tante le ipotesi e nessuna certezza, se non che la spiata ci fu, perché Salvatore Bagattoni non fu preso nel corso di una retata o di un rastrellamento, ma in un arresto mirato.

9.4.2. Con lui, Giuseppe Pistocchi.

Quello stesso giorno, 18 settembre 1944, a Coccolia, furono arrestati in due : oltre al Prof. Bagattoni, venne infatti arrestato anche Giuseppe Pistocchi, un manovale celibe, figlio di Agostino e di Lucia Tappi, cesenate di nascita, di 35 anni non ancora compiuti (era nato infatti il 26 novembre 1909), che viveva anch’egli sulla via Ravegnana, al n°. 41, il quale seguirà da questo momento in poi la medesima trafila di trasferimenti del Professore, condividendone la stessa tragica sorte.

Salvatore Bagattoni, con Giuseppe Pistocchi dunque, fu rinchiuso nella caserma dei Carabinieri adiacente la villa dei Conti Pasolini Dall’Onda di Coccolia, dove venne sottoposto ad interrogatori e torture, tanto che diverse testimonianze affermano che dall’esterno si sentivano le sue grida ; ne uscì solo quando si decise di trasferirlo a Bologna. I testimoni, che lo videro portar via, ricordano che i suoi capelli corvini, per le sofferenze patite, erano diventati in pochi giorni di prigionia tutti bianchi, come poi costatò il cugino Romeo, Neo, che si fece carico del riconoscimento del cadavere, quando si seppe della sua fucilazione e della sua inumazione in una fossa comune, presso la Certosa di Bologna, nel dopoguerra.

La matricola in entrata al carcere di San Giovanni in Monte di Salvatore Bagattoni. Archivio Carcere della Dozza, Bologna.
Le matricole in entrata (sopra) e in uscita (sotto) al carcere di San Giovanni in Monte di Salvatore Bagattoni. Archivio Carcere della Dozza, Bologna.

Dalle matricole del carcere 11959 e 11960, Bagattoni e Pistocchi risultano internati a San Giovanni in Monte il 29 settembre 1944, lì portati e consegnati dal solito agente di P.S. Giuseppe Gervasi, che già in altre circostanze (vedi § 10.3 e 11.3) abbiamo visto svolgere questo compito per altri antifascisti provenienti dalla Camera di sicurezza delle SS, trattenuti a disposizione della Sipo-SD dell’Aussenkommando Bologna, cioè il presidio tedesco di via Santa Chiara 6/3, dove evidentemente passarono anche i due romagnoli, per essere forse ancora interrogati e processati. Non sappiamo quando vi giunsero da Coccolia, e per quanto tempo vi stazionarono. Sappiamo invece che a San Giovanni in Monte rimasero appena un giorno, essendo evidentemente già decisa la loro sorte: furono infatti condotti il giorno dopo, 30 settembre 1944, al Poligono di tiro di Bologna, insieme agli altri dieci/dodici detenuti, di fronte al plotone d’esecuzione per la fucilazione, dopo aver firmato il loro rilascio fittizio sulla matricola d’uscita dal carcere.

La matricola in entrata al carcere di San Giovanni in Monte di Giuseppe Pistocchi. Archivio Carcere della Dozza, Bologna.
La matricola in entrata (sopra) e in uscita (sotto) al carcere di San Giovanni in Monte di Giuseppe Pistocchi. Archivio Carcere della Dozza, Bologna.

 

La famiglia di Salvatore Bagattoni nell’immediato rimase senza notizie del padre e in balia dei soprusi del “triestino” che, in possesso delle chiavi di casa e pistola alla mano, spadroneggiò, rubando beni del professore, dalla bicicletta all’apparecchio radiofonico, o danneggiandoli, macchiando d’inchiostro i libri. Quando invece seppero cosa era davvero successo, il lutto travolse la famiglia, tanto che il figlio maggiore Amedeo, di appena 6 anni, per alcuni mesi smise di parlare, chiudendosi in un doloroso mutismo.

Le traversie della famiglia Bagattoni tuttavia non si limitarono alla morte drammatica del professore. Il 17 settembre del ’45 fu il fratello Aldo a cadere vittima della violenza di un momento della nostra storia nazionale che vide contrapposti nelle scelte politiche anche i fratelli: a 42 anni, a guerra finita da  cinque mesi, venne aggredito e ucciso davanti alla sua casa a Villafranca da alcuni uomini col volto coperto, dopo il rientro in famiglia dal servizio svolto presso il 25^ Corpo Ausiliario delle Squadre d’Azione delle Camicie Nere di Forlì ( vedi www.fondazionersi.org /caduti/AlboCaduti 2016.pdf).

Gli altri fratelli nel frattempo abbandonarono Villafranca, stabilendosi in altri continenti: in Africa Leopoldo e Vincenzo, trasferendosi ad Asmara, in Eritrea, in Sudamerica Antonio, emigrato in Argentina.

Lentamente anche la piccola famiglia che Salvatore Bagattoni aveva appena fatto in tempo a costruire si riprese, imparando a fare senza di lui, con l’aiuto della nonna materna Antenisca, colpita anche da un altro lutto legato alla guerra (la morte di Alcide Mazzetti, figlio del fratello, avvenuta in un campo di concentramento in India, dopo la cattura e la prigionia in Africa subita da parte degli inglesi) e M.Giuseppa Triossi, sua madre e i tre bambini di 6, 5 e 3 anni, si trasferirono a Ravenna per trovare più opportunità di ricominciare daccapo.

 

< Vai al paragrafo precedente

Leggi il capitolo successivo >

 

(1) Il figlio Pier Giorgio ha dedicato al padre una monografia che ne ricostruisce le vicende, dal titolo Il Professor Salvatore Bagattoni, mio padre, martire del nazismo, pubblicata presso l’editore Nanni, da cui abbiamo tratto gran parte delle informazioni, oltre a diverse foto, e in cui l’autore cita la nostra ricerca, cosa per la quale lo ringraziamo. A questo lavoro rimandiamo chi volesse ulteriormente approfondire.

(2) Decimo Triossi, partigiano ravennate della 28a Brigata Garibaldi ”M. Gordini”, nell’opera citata al (1).

(3) Tonino Spazzoli, classe 1899, nativo di Coccolia, fu volontario nella I Guerra Mondiale, dalla quale tornò mutilato e pluridecorato, poi volontario nell’impresa di Fiume con Gabriele D’Annunzio. Inizialmente simpatizzante del fascismo, dal ’24 divenne un convinto antifascista, arrestato e condannato più volte alla galera e al confino nel ‘34-’35, schedato al Casellario Politico Centrale come repubblicano, partito di cui divenne leader romagnolo nel ’43. Fondò l’Unione Lavoratori Italiani  e dopo l’8 settembre 1943 dette vita al Fronte Nazionale Romagnolo,  una sorta di  CLN in anticipo sui tempi, restringendone la partecipazione solo all’Unione Lavoratori Italiani e al PCI. Fu di  supporto alle formazioni partigiane  della sua zona ed agli alleati, ed anche alla Brigata Garibaldi romagnola di Riccardo Fedel (vedi § 4.7.5.).Durante la Resistenza si mantenne in contatto con l’ex-leader fascista bolognese Leandro Arpinati, in domicilio coatto a Malacappa (BO), di cui rimase sempre amico. Fu arrestato due volte, nella prima riuscì a fuggire per entrare come partigiano combattente nel Battaglione Corbari, la seconda volta fu catturato nei pressi di Modigliana  a Ca’ Cornio, con Corbari e Casadei, dopo l’uccisione del fratello Arturo. Mentre li trasportavano verso Castrocaro, dove furono giustiziati gli altri, egli fu trucidato a Coccolia il 19 agosto ’44, perché i militi non sopportavano più i suoi lamenti, dovuti alle ferite subite durante l’ultimo tentativo di fuga da Ca’ Cornio. Al termine della II Guerra mondiale è stato insignito della Medaglia d’oro al valor militare.

 

Chiudi il menu