L’orrore quotidiano e l’informazione.

Abbiamo visto nei capitoli precedenti come tra luglio e agosto fossero diventate ormai abituali le esecuzioni sul posto di “terroristi” colti in flagranza di reato e le uccisioni per strada, nei luoghi della quotidianità, trasportando la ferocia della guerra fin sotto casa e abituando tutta la società civile a spettacoli, la cui efferatezza finì per entrare nel vissuto di ciascuno, uomo, donna, bambino.

Bambino con fucile in Piazza Maggiore. Di lato uccisione di Casoni in via Begatto. Fondo D’Aiutolo-Ist. Parri. 20 settembre 1944, altra rappresaglia al Poligono
Bambino con fucile in Piazza Maggiore. Di lato uccisione di Casoni in via Begatto. Fondo D’Aiutolo-Ist. Parri.

20 settembre 1944, altra rappresaglia al Poligono

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Rastrellamento e rappresaglia furono le parole-chiave dell’occupazione nazista e del collaborazionismo fascista. Peraltro i bombardamenti degli alleati con tutto il contorno di macerie, distruzioni, sangue e feriti, morti domestiche, strazio di dolore familiare e cittadino divennero il panorama usuale, nel quale ci si abituò ad inscrivere giorno per giorno la propria esistenza.

 

Di lato Piazza della Mercanzia bombardata. Sopra, bombardamento notturno con bengala. Fondo D’Aiutolo-Ist. Parri.
Di lato Piazza della Mercanzia bombardata. Sopra, bombardamento notturno con bengala. Fondo D’Aiutolo-Ist. Parri.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I giornali cittadini continuarono a fare informazione, sempre sul filo della propaganda per quel che concerne il “Carlino”, additando le bombe nemiche come evidenti testimonianze della crudeltà anglo-americana e le esecuzioni per strada come conseguenze inevitabili degli attentati e dei sabotaggi dei “senza patria”, azioni destinate ad allungare la guerra e a metterne in pericolo l’esito finale.

 

L’orrore quotidiano e l’informazione
Bombardamento con fumo e bengala su Bologna. Fondo D’Aiutolo. Istituto Parri. BO.

 

L’orrore quotidiano e l’informazione
La fuga per allarme bombardamento. Fondo D’Aiutolo-Ist.Parri.

 

Fino a luglio, possiamo dire che all’opinione pubblica l’informazione sulle esecuzioni capitali  venne data sempre, o con manifesti o sui quotidiani cittadini o in entrambe le maniere, inoltre che le notizie vennero fornite sempre comprensive di cause -più o meno generiche-, dell’indicazione della data, spesso anche dell’orario, e dei nomi dei fucilati. Quest’ultimo elemento con qualche eccezione : quella per esempio del 4-4-’44, in cui però i fucilati erano militari, ragion per cui possono risultare comprensibili i motivi del riserbo. Tuttavia i registri anagrafici comunali continuarono ad essere compilati regolarmente e a dare conto esatto di quanto via via avveniva.

Le cose iniziarono a cambiare all’incirca tra la metà di luglio ed agosto, allorché, soprattutto per le fucilazioni in strada, sia nell’informazione di stampa sia nelle annotazioni burocratiche un po’ alla volta scomparvero prima i nomi, poi i fatti. Sui registri comunali non figurarono più le generalità delle vittime, ma al loro posto sempre più spesso venne registrata la parola “sconosciuto”, anche quando era evidente che i morti erano ben conosciuti dalle autorità, per esempio per la precisione con cui era indicata la loro età.

Un esempio di “sconosciuti” registrati con età (apparenti) davvero troppo precise per essere ignote davvero. Archivio storico del Comune di Bologna.
Un esempio di “sconosciuti” registrati con età (apparenti) davvero troppo precise perchè l’identità dei morti fosse ignota davvero. Archivio storico del Comune di Bologna.

 

In seguito poi non si registrarono più neppure le morti, ritardandone l’annotazione di mesi o addirittura di anni dopo la Liberazione. Scomparvero inoltre quasi del tutto come causa di morte le indicazioni ‘esecuzione capitale’ o ‘fucilazione’, ma si moltiplicarono i generici “colpi d’arma da fuoco” o “ferite d’arma da fuoco”, che qualche impiegato più pigro trasformò addirittura nella sigla ripetuta “f.a.f.” In ambito burocratico, cioè, saltò anche l’ultima foglia di fico, che simulasse una qualche forma di legalità o di rispetto del diritto. Solo dopo l’estate del ’45, man mano che si ripristinò un clima di normale funzionamento civile delle istituzioni- e ci volle tempo- a giustificazione dei ritardi nelle registrazioni, man mano che i cadaveri venivano ritrovati/riconosciuti, sui registri anagrafici delle morti si adottò la formula “tardiva denuncia ricevuta in seguito a sentenza pronunciata dal tribunale civile di Bologna in data : con ciò attribuendo alla magistratura la responsabilità del ritardo nell’ espletamento delle pratiche relative alle morti violente (ordinamento delle Stato Civile art. 141/144), che aveva prodotto prima la mancata annotazione, poi conseguentemente la registrazione ritardata.

Altro esempio di registrazione sul registro delle morti del 1945. Archivio Storico del Comune di Bologna
Altro esempio di registrazione sul registro delle morti del 1945. Archivio Storico del Comune di Bologna.

 

A partire dallo stesso periodo (estate ’44), quindi, risulta estremamente complicato fare una ricostruzione quantitativa delle vittime che insieme affrontarono i plotoni di esecuzione (al poligono, come altrove), distinguere tra morti di fascisti e le morti di antifascisti o vittime del fascismo, confusi come sono gli uni con gli altri: nei registri i gruppi sono disaggregati, le date stesse ed i luoghi del decesso forniti in un modo -voluto o meno- tale per cui si potrebbe pensare ad eventi diversi, se non fosse per le date segnate sui fogli matricolari del carcere, senza rendere  riconoscibile ed identificabile per una serie di morti un unico evento di gruppo, “fucilazione” o “rappresaglia” che fosse, attentato o vendetta dall’altra parte. Noi pensiamo che la volontà di depistaggio ci sia stata e ci sia stato chi -a vari e più livelli- evidentemente stava già cominciando a pensare al dopo, preparandosi ad uno scarico di responsabilità, tanto che in diverse registrazioni, comincerà a comparire ad un certo punto una nuova annotazione come causa del decesso : “fucilato dai Tedeschi”.

Tuttavia questo interverrà più avanti.

Alla fine dell’estate, in settembre, ci si limita per il momento a censure, a glissare sui dati, a nasconderne una parte. Intanto però l’azione repressiva non si arresta, anzi subisce un’impennata, favorita dal silenzio e potenziata da alcuni avvicendamenti ai vertici.

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