Marinelli Zosimo

Zosimo Marinelli nacque il 23 aprile 1894 a Monteombraro di Zocca (MO), in una famiglia di profonda fede e tradizione religiosa, figlio di Franco ed Elisabetta Chiappelli, partecipò alla Prima Guerra Mondiale svolgendo incarichi nel Comando Supremo. Al ritorno, nel 1920, si laureò in Ingegneria presso l’Università di Bologna.

Egli fu uno dei primi cattolici che con pochi altri (1) nella provincia di Modena si mise sul terreno del contrasto attivo al fascismo; proprio attorno a lui, sull’Appennino, ai confini col territorio bolognese, avvenne il primo fatto di sangue della Provincia di Modena già inquadrabile come espressione di e della Resistenza.

All’inizio del mese di novembre 1943, infatti, in una catapecchia al limitare della macchia boschiva nei pressi della villa dell’Ing. Zosimo Marinelli, a Montombraro di Zocca, aveva trovato riparo e un nascondiglio temporaneo una formazione partigiana (del P.d.A.) costituita di cinque uomini armati, due dei quali di provenienza reggiana ( il dott. Maramotti e l’avv. Cocconi), in precedenza attivi in pianura, in collegamento con una ventina di altri partigiani che a fine novembre, dagli Appennini bolognesi, si erano spostati nel Modenese.

Panorama di Monteombraro 1928.
Panorama di Monteombraro 1928.

 

Marinelli, che allora era cinquantenne, sposato e padre di quattro figli, militante dell’Azione Cattolica, da sempre manifestamente avverso al fascismo, tanto da rifiutarsi di iscriversi al PNF, con conseguente licenziamento da direttore di una miniera di zolfo in Sicilia, ma che a Modena era proprietario delle aziende agricole di Vezzarole e Lusignano a Montombraro, fornì aiuto e sussistenza a questi rifugiati.

Fu però la sua presa di posizione contro l’arruolamento dei giovani nella R.S.I, allorchè furono emanati i bandi Graziani, che lo mise in rotta di collisione con le autorità locali : il reggente del fascio, Vincenzo Minelli ed il maresciallo dei Carabinieri Di Biagio.

La sera del 27 novembre del ’43, alle 22 circa, Minelli ed altri fascisti armati compirono una spedizione punitiva alla villa di Marinelli, che momentaneamente però finì per ritorcersi contro di loro.

Mentre due squadristi rimasero di guardia alla loro auto, Minelli ed un certo Bresciani cercarono di entrare in casa dall’ingegnere, ma furono catturati dagli uomini alla macchia. Solo Bresciani riuscì a fuggire, tornando qualche tempo dopo con altri per reagire, senza però osare avvicinarsi alla villa, limitandosi a sparare da lontano.

I Marinelli quella notte stessa scapparono dalla loro abitazione: la moglie, Fulvia Balugani, con i figli si rifugiò da parenti, l’ingegnere prima si nascose dai cugini Giorgi a Castelfranco, poi a Panico di Marzabotto, presso la famiglia Pavia.

Anche il gruppo degli antifascisti abbandonò la zona, portandosi dietro il reggente del fascio, che o subito o qualche tempo dopo, comunque fu ucciso. Il gruppo si disperse, ma Maramotti fu visto insieme a Marinelli all’Abbazia di Monteveglio in uno dei giorni successivi. Il capitano Boccia, comandante della compagnia interna dei carabinieri di Modena, rintracciò Cocconi e Maramotti- ricercati come ribelli – rispettivamente a Campegine e a Reggio, ma non li arrestò subito, per cui essi riuscirono a fuggire e a nascondersi; fu invece arrestata e condotta in carcere la sola moglie di Maramotti, col figlio in fasce, assieme ad una signora che l’aveva ospitata.

Come reazione alla cattura di Minelli, la federazione fascista di Modena organizzò una spedizione punitiva con una cinquantina di uomini, guidati dal commissario federale Tarabini e dal capo dell’UPI (Ufficio politico) Falanga, col cap. Boccia che il 28 novembre giunsero a Montombraro e si dettero a violenze, saccheggi ed arresti ai danni della popolazione. Arrestarono la moglie di Marinelli con le tre figlie Elisabetta, Alfonsa e Fosca, di dieci anni, che furono portate personalmente da Tarabini e Falanga con le loro auto a Modena, dove rimasero più di due mesi nel carcere di S. Eufemia.

Un gran numero di persone furono portate nella caserma dei carabinieri a Zocca e lì furono interrogate, minacciate e picchiate, diciotto di loro furono accalcate per dieci giorni in una cella di sicurezza di pochi metri quadrati – con loro anche un nipote di Marinelli, il dott. Mario Marinelli-.

La villa di Marinelli e un suo appartamento in paese furono devastati e saccheggiati : scrostati i muri, divelti i pavimenti per cercare nascondigli, scavato il giardino. I beni dell’ingegnere furono poi ufficialmente confiscati qualche mese dopo, verso fine febbraio.In aiuto ai fascisti giunsero anche i tedeschi, che inviarono un ufficiale SS con un centinaio di fascisti italiani al seguito.

Il 27 dicembre ’43, Marinelli si costituì (secondo altre fonti, fu catturato in seguito ad una spiata, quando si recò in paese per avere informazioni sulla sua famiglia), nell’illusione di favorire il rilascio di moglie e figlie e degli altri ostaggi, inutilmente. Detenuto a Modena nel carcere di S. Eufemia fino al 26 gennaio, la sera stessa fu condotto a Bologna, per essere aggregato agli altri nove antifascisti ai quali con un processo farsa si fece pagare la morte di Eugenio Facchini, il federale di Bologna, che era stato ucciso nella mattinata.

Marinelli Zosimo
La pagina del settimanale comunista “La lotta” del febbraio 1944 sull’esecuzione degli otto condannati a morte del 27 gennaio 1944- da La Resistenza a Bologna-vol. II

 

Il giorno dopo, 27 gennaio 1944, sentenziata per sette di loro la condanna a morte, Marinelli fu trascinato al Poligono di tiro di via Agucchi e fucilato alla schiena con i fratelli Bartolini, il dott. D’Agostino, Sante Contoli, Cesarini Budini, Bianconcini e Bonfigli.

Lasciò una lettera commovente alla moglie, in cui le raccomandava di crescere i suoi figli onesti come era stato lui e dove affermava che aveva perdonato chi lo aveva condannato e domandava che nessuno cercasse vendette, ma si pregasse Dio per chiedergli rassegnazione e pace.

Nel testamento, datato 3 dicembre 1943 disse-citiamo testualmente- :

“esorto i miei figli (…) ad amare la Chiesa, la famiglia, la terra che io ho tanto amato; ad amare i poveri, ravvisando nel loro volto il volto rattristato di Cristo. Raccomando a Gino” -l’unico figlio maschio- “di non maturare propositi di vendette contro chichessia, per i tristi avvenimenti che ci hanno sconvolti. A tutti auguro Pace e Bene.”

Dopo il consorte, la moglie Fulvia Balugani, figlia dell’ex sindaco di Zocca, Battista Balugani, costretto alle dimissioni forzate dai fascisti il 29 ottobre 1922, perse anche tre fratelli: Pietro, Giuseppe e Raffaele Balugani, uccisi il 18 luglio 1944, a Boschi di Ciano, presso Zocca, dove si consumò un eccidio di partigiani e di civili per opera  di una pattuglia fascista, la famigerata banda Zanarini, nota come “La compagnia della Morte“, che aveva sede a Castel di Serravalle (Bologna) e fu  responsabile di gravi violenze contro decine di antifascisti nelle due province di Bologna e di Modena.

Zosimo Marinelli ha ricevuto la Medaglia d’oro al merito civile alla memoria, con la seguente motivazione: «Ingegnere di elevatissime qualità umane e civili, si prodigò con eroico coraggio contro l’oppressione fascista e partecipò attivamente alla Resistenza organizzando una formazione partigiana. Arrestato, fu barbaramente fucilato a Bologna, essendosi rifiutato di rivelare i nomi dei suoi compagni di lotta. Fulgido esempio di coerenza e di rigore morale fondato sui più alti valori cristiani e di umana solidarietà. Zocca, 11 dicembre 2009».

 

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(1) Nel ’43 ancora limitatamente solo all’avv. Mussini a Sassuolo, ai “Piccoli Apostoli” di  Don Zeno nella “Bassa” e a pochi individui in montagna raccolti attorno a qualche parroco.

Sitografia :

http://www.ultimelettere.it/?page_id=35&ricerca=115

http://ricerca.gelocal.it/gazzettadimodena/archivio/gazzettadimodena/2015/01/28/

https://gazzettadimodena.gelocal.it/modena/cronaca/2015/04/20/news/eccidio-di-ciano-in-tv-con-i-fratelli-balugani

https://gazzettadimodena.gelocal.it/modena/cronaca/2017/04/14/news/addio-a-balugani-ex-dirigente-di-polizia-e-ricercatore-storico-1.15199931?ref=search

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